Contributi e Opinioni 9 Giugno 2020 18:09

Covid-19, Parkinson non aumenta il rischio di infezione al Sars CoV-2

Dallo studio del Centro Parkinson dell’ASST Pini-CTO di Milano con il contributo della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson e pubblicato sulla rivista scientifica Movement Disorders, emerge che le persone affette da Parkinson hanno espressione di sintomi, quadri clinici ed esiti di mortalità addirittura più lievi

Uno studio scientifico per capire meglio il rapporto tra malattia di Parkinson e COVID-19 e provare a stabilire se i pazienti affetti da questa patologia sono maggiormente esposti al rischio di contrarre il virus e sviluppare forme più severe di infezione.

È questo il focus della ricerca condotta presso il Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano con il contributo della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, e pubblicata sull’importante rivista scientifica Movement Disorders.

«Siamo riusciti a portare a termine un lavoro notevole, il più significativo finora condotto al mondo per il numero di pazienti parkinsoniani coinvolti e su una popolazione ben specifica e determinata sia geograficamente che temporalmente, all’interno di una delle regioni maggiormente colpite dal COVID-19 a livello mondiale – dichiara Gianni Pezzoli, Presidente Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson e già Direttore Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO, Milano, attualmente diretto dalla dott. Anna Zecchinelli – . Con lo studio abbiamo provato a rispondere ai principali dubbi sui rischi, sintomi e possibili sviluppi fatali dell’infezione SARS CoV-2 nei pazienti affetti da malattia di Parkinson e ciò che è emerso è che questi pazienti non sono maggiormente esposti allo sviluppo di Covid, né hanno sviluppo di sintomi o forme più severe dell’infezione».

LEGGI ANCHE: PARKINSON, SERVIER E ONCODESIGN RAGGIUNGONO PRIMO TRAGUARDO NELLO SVILUPPO DI POTENZIALI FARMACI

«Lo studio ha coinvolto 1486 pazienti afferenti al Centro Parkinson dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano – si legge in un comunicato – con una diagnosi clinica di malattia di Parkinson e residenti in Lombardia, e 1207 familiari utilizzati come gruppo di controllo. L’analisi ha mostrato che i tassi di COVID, gli esiti di mortalità e l’andamento dei quadri clinici sono sostanzialmente sovrapponibili tra i due gruppi. Tra i casi di COVID accertati, sono stati individuati 105 casi tra i pazienti parkinsoniani (il 7,1%) contro i 92 casi dei controlli (il 7,6%), con esiti di mortalità, rispettivamente del 5,7% e 7,6%. Anche le manifestazioni cliniche dell’infezione sono risultate simili, con febbre, tosse e congestione nasale tra i sintomi più ricorrenti in entrambi i gruppi».

«Le uniche differenze riscontrate nei quadri clinici generali – prosegue – sono state riferite a un minor tasso di difficoltà respiratoria e a una percentuale inferiore di ospedalizzazioni nei pazienti con malattia di Parkinson. Il primo dato è probabilmente riconducibile al fatto che i pazienti parkinsoniani possono presentare sintomi di difficoltà respiratoria indipendentemente dal COVID-19 e quindi questo elemento non è stato considerato come conseguenza dell’infezione; il minor tasso di ricoveri, invece, è presumibilmente dovuto alla propensione di gestire pazienti parkinsoniani a casa».

LEGGI ANCHE: TREMORE? NON È TUTTA COLPA DEL MORBO DI PARKINSON

«Lo studio – continua – ha analizzato inoltre i possibili fattori di rischio per COVID-19 nei pazienti affetti da Parkinson. Oltre a obesità e patologie respiratorie croniche preesistenti – fattori già conosciuti e presenti anche in altre casistiche – sono emersi anche l’età più giovanile e la mancanza di supplementi a base di vitamina D».

«Tra i fattori di rischio, l’età più giovanile potrebbe essere il risultato delle misure preventive più aggressive adottate nei pazienti più anziani” – spiega Pezzoli. “Tuttavia, il dato forse più interessante ottenuto dallo studio riguarda la carenza di vitamina D3 e la mancata supplementazione di supporto come elemento di rischio. Quest’ultimo risultato rappresenta sicuramente uno spunto che merita ulteriori indagini per approfondire il significato e i potenziali effetti di bassi livelli di vitamina D3 e per prendere in considerazione l’utilizzo di una supplementazione che, solo in linea teorica fino a questo momento, potrebbe risultare come un fattore protettivo».

«Dal confronto intergruppo effettuato nel corso dello studio, è infatti emerso che i pazienti parkinsoniani affetti da COVID-19 avevano una supplementazione inferiore rispetto ai pazienti che non hanno contratto l’infezione. È noto infatti come, in generale, la vitamina D sia in grado di ridurre il rischio di infezione, attraverso una serie di meccanismi, tra i quali la riduzione delle citochine infiammatorie che si innalzano notevolmente nel caso di COVID-19».

Alfonso Fasano, neurologo e professore ordinario presso l’Università di Toronto – anch’egli autore dello studio – aggiunge: «Il ruolo della vitamina D come immunomodulatore è ben noto da anni, come emerso, ad esempio, nei pazienti con sclerosi multipla. Il suo ruolo protettivo rispetto al COVID-19 è stato ultimamente ipotizzato sulla base di dati epidemiologici quali il maggior contagio in regioni del mondo con scarsa esposizione alla luce solare (necessaria per la produzione endogena della vitamina). Il nostro dato ottenuto nei pazienti lombardi è stato recentemente confermato da studi che hanno misurato i livelli plasmatici di vitamina D in pazienti affetti da COVID-19 ma non da Parkinson. Benché promettenti, I risultati della nostra ricerca attendono di essere confermati da altri studi che tengano in conto di fattori confondenti quali l’esposizione alla luce solare e le abitudini alimentari» conclude.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO

Articoli correlati
Parkinson: nel 2033 oltre 3 milioni di casi nei 7 maggiori mercati. Italia paese con l’impatto minore
Un rapporto della società internazionale di analisi dei dati GlobalData ha stimato l'impatto che la Malattia di Parkinson avrà, entro il 2033, nei sette principali mercati del settore farmaceutico. Fino a quella data i casi sono destinati a crescere a un tasso annuo dell'1,94%. L'Italia sarà il paese meno colpito da questo aumento
Rischio cardiovascolare al femminile, le donne italiane lo sottostimano
La maggior parte delle donne italiane sottostima il proprio rischio cardiovascolare, non conosce tutti i fattori di rischio, e anche quando li conosce, non migliora il proprio stile di vita. È quanto emerge dallo studio CARIN WOMEN condotto da A.R.C.A. (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali) , realizzato con il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo Italia
Nasce il progetto PMLAb per i pazienti COVID-19 immunocompromessi
La gestione del paziente immunocompromesso con COVID-19 richiede una particolare attenzione, che si concretizza con le Profilassi Pre-Esposizione con anticorpi monoclonali. A questo scopo è nato il progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), presentato oggi a Roma
Alzheimer: regolare i livelli di dopamina riduce i sintomi nelle prime fasi della malattia
Uno studio dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, insieme alla Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e condotto su modelli sperimentali, ha confermato che la stimolazione dopaminergica è efficace nel ridurre l’ipereccitabilità dell’ippocampo condizione alla base dell’insorgenza di epilessia e che può contribuire al progressivo danno cognitivo nell'Alzheimer
Parkinson: scoperta una delle cause scatenanti
Un nuovo studio condotto dai ricercatori della Northwestern University suggerisce che un disfunzionamento nelle sinapsi dei neuroni – i minuscoli spazi attraverso i quali un neurone può inviare un impulso a un altro neurone – provoca deficit di dopamina e precede la neurodegenerazione
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Percorso Regolatorio farmaci Aifa: i pazienti devono partecipare ai processi decisionali. Presentato il progetto InPags

Attraverso il progetto InPags, coordinato da Rarelab, discussi 5 dei possibili punti da sviluppare per definire criteri e modalità. Obiettivo colmare il gap tra Italia e altri Paesi europei in ...
Advocacy e Associazioni

Disability Card: “Una nuova frontiera europea per i diritti delle persone con disabilità”. A che punto siamo

La Disability Card e l'European Parking Card sono strumenti che mirano a facilitare l'accesso ai servizi e a uniformare i diritti in tutta Europa. L'intervista all'avvocato Giovanni Paolo Sperti, seg...
Sanità

I migliori ospedali d’Italia? Sul podio Careggi, l’Aou Marche e l’Humanitas di Rozzano

A fotografare le performance di 1.363 ospedali pubblici e privati nel 2023 è il Programma nazionale sititi di Agenas. Il nuovo report mostra un aumento dei  ricoveri programmati e diu...