Mantenere i percorsi differenziati, avere un personale dedicato e disporre di supporto psicologico: tre punti del decalogo della Fondazione Aiom per aiutare i pazienti. Il viceministro Sileri: «Come anti-influenzale, vaccino Covid prima a chi è più a rischio»
La ripresa di screening e visite, una ripartenza sostenuta della diagnostica e un decalogo di richieste per le istituzioni. Si è discusso di questo nel webinar intitolato “Covid-19 e paziente oncologico: le sfide assistenziali che ci attendono”, curato da Fondazione Aiom cui ha preso parte anche il vice-ministro della Salute, Pierpaolo Sileri.
Non è un segreto: i tre mesi più duri dell’emergenza Coronavirus hanno obbligato ospedali e ambulatori italiani a una profonda riorganizzazione. La trasformazione di alcune strutture in zone dedicate alla sola cura del Covid-19 ha portato al rinvio di operazioni non urgenti e di visite di screening e follow up per i pazienti oncologici. «Considerando che in Italia si fanno circa 1000 diagnosi di cancro al giorno – ha illustrato Stefania Gori, presidente di Fondazione Aiom – possiamo stimare dalle 24 alle 30 mila diagnosi in meno nei mesi di lockdown».
Numeri importanti, considerando che studi esteri e nostrani hanno dimostrato che i pazienti oncologici sono più suscettibili al virus e alle sue forme gravi. In Cina un 6% dei deceduti era affetto da tumore, in Italia la cifra arriva al 16% secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità. «In Olanda – ha proseguito Gori – un primo studio ha mostrato una riduzione del 26% nelle nuove diagnosi di cancro, escluso quello della pelle, rispetto allo scorso gennaio».
I potenziali effetti di queste stime hanno portato varie associazioni di pazienti oncologici a definire un decalogo di richieste. Dalla necessità di mantenere i percorsi separati negli ospedali che torneranno all’attività ordinaria, alla cristallizzazione di personale dedicato esclusivamente ai pazienti con cancro. Attraverso la garanzia di centri oncologici Covid-free, tramite triage per pazienti e personale sanitario, per finire con un supporto psicologico telematico dedicato.
Richieste, quelle espresse da Gori, accolte dal vice-ministro della Salute in maniera favorevole e propositiva. «Raccolgo queste proposte con molto interesse – ha detto Sileri – considerando che in questo periodo l’80% degli interventi chirurgici, molti oncologici, è stato rinviato così come 12 milioni di esami radiologici». Rimarranno i percorsi separati, ha assicurato, e il supporto psicologico che era già mancante prima, dovrà cogliere questa occasione per essere potenziato.
«Fondamentale – ha aggiunto – che i direttori generali delle strutture sanitarie comprendano che quegli spostamenti di personale in reparti diversi, che si sono rivelati indispensabili durante la fase clou dell’emergenza, ora vanno evitati. Altrimenti il rischio è che a pagare siano i pazienti più fragili». Per il futuro, e con gli aiuti dell’Ue, si prevede di spendere tra i 20 e 25 miliardi per riforme strutturali alla sanità nei prossimi anni. «Stiamo valutando le strategie per recuperare quanto rimandato – ha fatto presente il vice-ministro – si è parlato di prolungare gli orari degli ambulatori, qualcuno ha proposto di lavorare anche sabato e domenica, ma per me non è ancora sufficiente».
«Le nuove assunzioni saranno di ausilio, ma l’obbiettivo resta aumentare gli stipendi e studiare le necessità per ogni regione», queste le basi del programma futuro. In previsione di una seconda ondata, ora si spinge sul vaccino anti-influenzale, in primis per i pazienti e gli individui più fragili, fra cui chi convive con il cancro. «Anche per il vaccino al Covid – ha assicurato Sileri – quando ci sarà, seguiremo questa strategia».
«Non esiste evidenza, però, che lo screening sia in grado di ridurre la mortalità per i tumori aggressivi». La precisazione arriva da Pierfranco Conte, professore di oncologia e direttore della rete oncologica veneta. «Lo fa per quei tumori che impiegano anni per svilupparsi – ha specificato –. Un ritardo di qualche mese non può avere conseguenze drammatiche, in termini di futuri decessi. Ma l’80% dei pazienti oncologici non avrebbe bisogno di andare in ospedale, è il territorio che può venire in aiuto».
«Anche se ci sono molte scusanti – ha proseguito Giovanni Apolone, direttore scientifico Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – qualcosa non ha funzionato. È compito di chi è coinvolto in diagnosi e trattamento di pazienti oncologici quello di dialogare per confrontarci con un nuovo scenario da riorganizzare con nuove priorità». Che devono, secondo il professore, necessariamente introdurre nella diagnosi e cura «la tele-salute».
Non sappiamo ancora cosa succederà con il virus in autunno; su questo è stato molto chiaro il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’IRCCS Istituto clinico Humanitas. «Tra le affermazioni più controproducenti per i pazienti, non solo oncologici, ci sono quelle che vorrebbero un virus “più buono” o addirittura i contagi da asintomatici “rarissimi”. Su questo non abbiamo dati, e l’umiltà e il rispetto dei dati sono i due modi con cui proteggiamo davvero i pazienti». La risoluzione è, ancora una volta, affidata al vaccino. Ma, specifica Mantovani: «Spero che i vaccini siano almeno due, come è successo per la poliomielite».
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