Il 21 giugno sarà la Giornata nazionale per la lotta a leucemia, linfoma e mieloma multiplo. Nel webinar organizzato da Ail si discute della cura con Car-T, ostacolata da Covid-19 per alcune somiglianze
Ogni anno si scoprono 33 mila nuovi casi di tumori del sangue, divisi in oltre 100 patologie diverse. Sono tre i macro-gruppi più comuni: linfomi, leucemie e mieloma multiplo. Fortunatamente oggi il 70% dei malati guarisce grazie all’evoluzione costante delle terapie. In vista della 15esima Giornata Nazionale per la lotta ai tumori del sangue, che si celebra il prossimo 21 giugno, Ail (Associazione italiana contro le leucemie) ha discusso il futuro delle cure nel webinar “Linfomi, innovazione e qualità della vita”.
«Stiamo uscendo da una terribile avventura che ci ha colpito alle spalle e ha gettato nello sconforto i pazienti», ha esordito il presidente Ail Sergio Amadori. «Dobbiamo dedicare questa giornata – ha proseguito – anche alla memoria di chi non ce l’ha fatta e di chi lotta ancora contro il Covid-19. Stare vicini è stato difficile in questi mesi. Perciò vogliamo offrire un numero verde in cui avremo una serie di esperti ematologi che dalla mattina del 19 giugno si alterneranno per rispondere alle telefonate che arriveranno dall’uditorio. Rimarrà poi attivo fino alla fine dell’anno, dalle 15 alle 17».
Tra le innovazioni terapeutiche spiccano le Car-T, soluzioni geniche che curano i pazienti con i loro stessi linfociti T. Anche l’Italia ha cominciato dall’autunno scorso a somministrarle, previa attenta selezione. I centri sono aumentati, circa una decina. «Sta diventando un’attività quasi routinaria, cui si può accedere ormai regolarmente», ha fatto presente Paolo Corradini, direttore della divisione di ematologia dell’IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
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«Con la pandemia – ha aggiunto – le Car-T cell hanno però subito un contraccolpo. Tutti gli studi sono stati chiusi, c’è stato un problema di approvvigionamento per i trapianti di midollo. Ci si è accorti che la tempesta citochinica del Covid è molto simile alle Car-T cell e anche l’antidoto che noi utilizziamo, il Tocilizumab, è stato usato con pazienti Covid. Quindi c’è stato un incontro quasi drammatico delle necessità, che però ha mostrato e messo l’esperienza degli ematologi al servizio di tutti». Ora le terapie stanno riprendendo, uno sforzo di normalizzazione che serve a tutti.
La terapia con Car-T resta però un trattamento molto costoso, a cui è difficile accedere. Sia perché i centri sono ancora pochi, in quanto passano attraverso un processo di selezione di Aifa e delle ditte farmaceutiche di riferimento. Sia per la selezione che viene fatta sui pazienti. Una scelta che mira a identificare chi possa davvero averne dei benefici. «Un’offerta in linea per coprire quell’esigenza teorica di 350 o 450 linfomi all’anno», ha chiarito Corradini.
Le cure intanto sono molto evolute negli ultimi anni. Il professor Maurizio Martelli, direttore UOC di Ematologia del Policlinico Umberto I di Roma, ne ha illustrato le applicazioni. «Il linfoma non-Hodgkin ha un’età di insorgenza che va tra i 55 e i 75 anni, perciò è una malattia dell’anziano – ha spiegato –. Scopriamo circa novemila casi all’anno, anche per via dell’alto numero di anziani in Italia. La cura in questo caso è fatta di chemioterapia corredata di trattamenti monoclonali in base alla forma aggressiva o indolente. Il linfoma di Hodgkin invece è trattato con radioterapia, mentre gli anticorpi monoclonali sono utilizzati solo quando i pazienti subiscono una ricaduta dopo il trattamento tradizionale», ha concluso.
L’Italia ha una media di sopravvivenza superiore rispetto a quella europea. «Mi piace pensare che la capacità di mettere in rete i vari centri sia fondamentale. Una prima azione è quella di mettere insieme realtà diverse perché la persona possa essere trattata a casa sua, senza necessità di migrare», ha aggiunto Francesco Merli, direttore della Fondazione italiana linfomi (Fil).
Gli effetti delle terapie persistono anche nel lungo periodo, c’è quindi necessità di concentrarsi anche sulla qualità di vita dei pazienti. Fabio Efficace, responsabile degli studi di Qualità della vita della Fondazione Gimema, parla di sottostima dei sintomi nella pratica clinica. «È il paziente che deve valutare la qualità di vita – ha chiarito –. Gli unici dati che abbiamo sulla terapia Car-T mostrano l’aspetto funzionale, rappresentato dal margine di miglioramento dall’infusione a 18 mesi dopo. Che è significativo, perché riguarda proprio la capacità del paziente di compiere nuovamente le attività che faceva prima».
«Noi vogliamo dare il nostro contributo – ha concluso Amadori di Ail, riprendendo la parola –. Un aspetto centrale è selezionare bene chi debba accedere per beneficiare di Car-T. Non è una terapia per tutti, Ail può dare un supporto sia pratico che psicologico, facendo capire che si tratta di terapie sperimentali con tossicità di rilievo, che ci sono altre terapie possibili e non è quella l’unica soluzione definitiva».
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Ora la priorità è riprendere una vita normale. Ail, ha aggiunto il presidente, è stata molto vicina a tutti i pazienti che temevano di tornare in ospedale per paura del contagio. «Abbiamo voluto spiegare a tutti – ha detto Amadori – che non sono soli e che qualcuno condivide le loro difficoltà. Li abbiamo rassicurati ed è servito a rasserenare gli animi. Covid ha rappresentato una chiamata alle armi non solo per gli operatori sanitari ma anche per gli enti assistenziali come Ail che sono oggi il vero collante del nostro tessuto sociale.»
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