Dai dati della Diamond Princess analizzati da due studiosi americani emerge la possibilità che l’assenza di sintomi non significhi assenza di danni interni
Gli ultimi studi sulle manifestazioni di Sars-CoV-2 sembrano dimostrarlo: la percentuale di asintomatici oscilla tra il 40% e il 45% dei malati di Covid-19. Questi soggetti possono trasmettere ugualmente la malattia, forse anche per un periodo più lungo dei 14 giorni calcolati. Ma l’assenza di sintomi non decreta anche l’assenza di danni interni nei soggetti. Due ricercatori dello Scripps Research Traslational Institute di La Jolla in California, Daniel Oran e Eric Topol, lo illustrano in uno studio pubblicato nella rivista “Annals of Internal Medicine“.
«Sin dai primi mesi – si legge – un’immagine iconica di Covid-19 è stato il paziente in terapia intensiva, che tenta con difficoltà di respirare con urgente bisogno di essere ventilato. Si tratta della faccia mortale del virus, che ha ucciso oltre 340 mila persone nel mondo. Ma non è l’unica, in quanto la malattia mostra due volti: uno tragicamente letale, l’altro sorprendentemente benigno».
Le coorti prese in esame dagli studiosi americani sono luoghi che hanno provveduto a effettuare testing su larga scala di una porzione circoscritta di popolazione. Dal campione più grande, costituito dai test random effettuati sulla popolazione islandese, attraverso i risultati della cittadina di Vo’ Euganeo; dal monitoraggio della Diamond Princess e di altre navi da crociera poste in quarantena, fino a quello di università, istituti militari, rifugi per senza fissa dimora e prigioni negli Stati Uniti.
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A essere asintomatici sono maggiormente i giovani e le donne. L’analisi sembra inoltre confermare che la maggior parte non ha sviluppato mai i sintomi di Covid-19. Con l’unica eccezione della coorte del King County, una residenza per anziani, in cui 24 dei 27 senza sintomi ne hanno poi sviluppati. Ma l’età degli ospiti e le comorbidità potrebbero aver influito. A Vo’, invece, nessuno degli asintomatici ha poi manifestato sintomi. Proprio dai dati della cittadini veneta, i ricercatori hanno desunto la capacità di contagiare dei malati senza sintomi e, dalle evidenze risultate nella U.S.S. Theodore Roosvelt, anche per più di 14 giorni.
Una spiegazione che infine giustificherebbe la diffusione così rapida del virus nel mondo. «Persone che non si sentono o non sembrano star male – si legge nel paper – hanno molte più possibilità di interagire con gli altri rispetto a coloro che hanno sintomi. Se dunque la trasmissione da asintomatici è comune, testare solo le persone con sintomi sembra folle».
Sulla Diamond Princess si è osservato il dato più sorprendente. Il 54% dei 76 asintomatici presenti sulla nave, dopo la radiografia, mostravano di avere delle significative anormalità sub-cliniche nei polmoni. Bisognerà confermarlo, scrivono i ricercatori, ma così risulterebbe che un’assenza di sintomi non stia a significare assenza di danni interni. La natura “sub-clinica” dei danni «suggerirebbe la possibilità che Sars-CoV-2 causi dei deficit sottesi nella funzionalità dei polmoni, difficili da trovare a un primo esame.
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Nonostante le difficoltà nella precisione dei dati, dovute alle relativa concentrazione dei luoghi presi in esame, la percentuale di asintomatici oscilla tra il 40% e il 45%, se ci si vuole mantenere bassi al 30%.
La quota risulta sempre costante, tranne nei dati raccolti nelle prigioni statunitensi, dove si tocca il 96% di asintomatici. Come fattore plausibile gli studiosi propongono la “cross-immunity” dovuta ai betacoronavirus – le influenze stagionali – HCoV-OC43 e HCoV-HKU1. Tra novembre 2019 e metà febbraio 2020 si sono diffuse molto negli Usa, specie nei luoghi chiusi come le prigioni. Gli anticorpi sviluppati per quel tipo di virus potrebbero aver “indebolito” le manifestazioni di Covid-19 in quei soggetti.
La conclusione della ricerca resta la necessità di testare spesso e su larga scala, senza sottovalutare l’importanza degli asintomatici. «Non concentrarsi su questo aspetto – chiude la ricerca – potrebbe trovarci impreparati a una seconda ondata» e causare una falla nei dati di trasmissione.
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