La scoperta degli studiosi dell’Istituto Superiore di Sanità analizzando le acque reflue. A Bologna tracce da gennaio 2020. Gli esperti: «Ora costruire una rete di sorveglianza»
Nelle acque di scarico di Milano e Torino c’erano già tracce del virus SARS-CoV-2 a dicembre 2019. Lo dimostra uno studio pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, realizzato con l’analisi delle acque di scarico raccolte prima che il virus si manifestasse in Italia. Una serie di campioni prelevati dai depuratori delle città del nord del Paese hanno fatto da “spia”.
A condurre lo studio Giuseppina La Rosa, del reparto di qualità dell’acqua e salute del dipartimento di ambiente e salute dell’Iss, con Elisabetta Suffredini del dipartimento di sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria. Un’attività di virologia ambientale, spiega La Rosa, che viene portata avanti dal 2007 con l’analisi di acque reflue. «Abbiamo preso in esame 40 campioni raccolti da ottobre 2019 a febbraio 2020 – aggiunge la studiosa – e 24 campioni di controllo in cui la data di prelievo consentiva di escludere la presenza del virus».
Quindi la conclusione: «I risultati, confermati nei due diversi laboratori con due differenti metodiche, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18 dicembre 2019 e a Bologna il 29 gennaio 2020. Nelle stesse città sono stati trovati campioni positivi anche nei mesi successivi di gennaio e febbraio 2020, mentre i campioni di ottobre e novembre 2019, come pure tutti i campioni di controllo, hanno dato esiti negativi.
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La ricerca può aiutare a fissare un inizio confermato della circolazione del virus in Italia. Mantenendosi inoltre coerente con l’analisi retrospettiva sui pazienti ospedalizzati in Francia e con uno studio sulle acque di Barcellona, che confermano le date di dicembre e gennaio scorsi. Entrambi mesi prima del primo caso autoctono riconosciuto.
«Bisogna evidenziare – sottolinea Luca Lucentini, direttore del Reparto Qualità dell’Acqua e Salute – che il ritrovamento del virus non implica automaticamente che le catene di trasmissione principali che hanno portato poi allo sviluppo dell’epidemia nel nostro Paese si siano originate proprio da questi primi casi, ma, in prospettiva, una rete di sorveglianza sul territorio può rivelarsi preziosa per controllare l’epidemia. Attraverso l’attività condotta nei nostri laboratori, si sta sviluppando una rete di sorveglianza ambientale che può già contare sulla disponibilità e affidabilità di strutture sanitarie e ambientali di eccellenza a livello regionale e sull’apporto fondamentale e la collaborazione dei gestori idrici che possono ancor più contribuirne ad uno sviluppo capillare e tempestivo».
«Passando dalla ricerca alla sorveglianza – va avanti Lucentini – sarà indispensabile arrivare ad una standardizzazione dei metodi e dei campionamenti poiché sulla positività dei campioni incidono molte variabili. Quali per esempio il periodo di campionamento, eventuali precipitazioni metereologiche, l’emissione di reflui da attività industriali che possono influire sui risultati di attività ad oggi condotte da diversi gruppi. Lavoriamo per dare al paese una rete di sorveglianza insieme ad Arpa e ad Ispra».
«In questo senso – conclude Lucia Bonadonna, direttrice del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità – abbiamo presentato una proposta di azione al Ministero della Salute per l’avvio di una rete di sorveglianza su SARS-CoV-2 in reflui, e già nel luglio prossimo avvieremo uno studio pilota su siti prioritari individuati in località turistiche. Sulla base dei risultati dello studio pilota, contiamo di essere pronti per la sorveglianza sull’intero territorio nazionale nei periodi potenzialmente più critici del prossimo autunno».
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