I consigli della psicoterapeuta per “guarire”: «Se lo stato è patologico chiedere aiuto ad uno specialista. Altrimenti provare la tecnica della mindfulness o cercare dei distrattori»
Se hai la sensazione di pensare troppo, senza darti tregua e, nonostante gli sforzi, non riesci ad arrivare ad una conclusione o a prendere una decisione, allora potresti soffrire di overthinking. Il termine inglese intraducibile in italiano in una sola parola significa proprio “avere troppi pensieri”, pensare continuamente e intensamente.
Tuttavia l’ overthinking non è sempre patologico, lo diventa solo quando questa serie di pensieri vaghi è logorante e crea un evidente disagio nella vita di tutti i giorni. «Se una persona utilizza l’overthinking per risolvere un problema, dedicando molto tempo alla valutazione dei pro e dei contro di una situazione, riuscendo ad arrivare ad una soluzione senza percepire alcuna forma di disagio, allora questa modalità di pensiero non avrà nulla di patologico. In altre parole – spiega Annamaria Giannini, professore ordinario di Psicologia all’università Sapienza di Roma, psicologa e psicoterapeuta, esperto dell’Ordine degli Psicologi del Lazio -, questo overthinking non rappresenterà nient’altro che una metodologia di problem solving».
Tutto cambia se il pensare continuo si trasforma in un pensare ossessivo. «In alcuni soggetti – continua la professoressa – dall’overthinking può emergere una sintomatologia ossessiva che prevede veri e propri rituali: ai pensieri ripetitivi vengono associate sempre le stesse azioni. È l’impossibilità di allontanarli a generare disagio».
Le vittime dell’overthinking, di solito, hanno delle caratteristiche in comune: «Sentono il bisogno di tenere la situazione sotto controllo e, di conseguenza, utilizzano questa modalità di pensiero per analizzare in modo approfondito qualsiasi situazione o problema. Questi soggetti, di solito estremamente razionali, mostrano un certo distacco dagli aspetti emotivi. Tutto cambia, invece, quando l’overthinking viene utilizzato come forma di ruminazione (dall’inglese ‘rumination’), di pensare continuo ed incessante. A questo atteggiamento è solitamente connessa una forma di aggressività, poiché dalla ruminazione possono originare delle forme di risentimento che creano disagio e compromettono le relazionali interpersonali».
L’overthinking può anche presentarsi in specifici momenti della vita: «In periodi di forte stress o cambiamento – spiega la psicoterapeuta – l’overthinking può essere adottato come strategia difensiva. Pensiamo ad esempio a tutti i giovani che, in questi giorni, hanno affrontato l’esame di maturità e devono decidere se proseguire gli studi o affacciarsi al mondo del lavoro, oppure a coloro che, durante il lockdown, sono state vittime della crisi economica. È ovvio che chi tra questi utilizza l’overthinking, anche se lo fa solo in un periodo circoscritto della vita, deve essere comunque predisposto a questa specifica modalità di pensiero».
Ma ecco una buona notizia per tutti: «Se l’overthinking crea disagio – dice la specialista – è possibile intraprendere un percorso per liberarsene. In condizioni patologiche è necessario chiedere aiuto sempre ad uno specialista. In tutte le altre situazioni, dopo aver stabilito quanto questo pensare continuo sia invasivo e disagevole, è possibile adottare delle soluzioni in autonomia. Molto efficace è la tecnica della mindfulness, una modalità che permette l’allontanamento dei pensieri: tutte le volte che questi compaiono la persona deve spostare l’attenzione al proprio interno. Non sarà un’impresa facile per un individuo caratterizzato da overthinking – aggiunge la docente -, ma pian piano potrà ottenere senz’altro dei risultati. Un’altra possibilità è cercare immediatamente dei distrattori: appena ci si sente assaliti dai pensieri bisogna spostare l’attenzione, compiendo delle azioni pratiche, come uscire di casa, fare una telefonata, impegnarsi in qualcosa di piacevole. Anche in questo caso i risultati non saranno immediati: progressivamente il soggetto riuscirà sempre di più, concentrandosi su altro, a distrarsi dal quel pensare ininterrotto».
Attenzione anche ai più piccoli: l’overthinking colpisce chiunque sia in grado di formulare pensieri. «In questo caso – dice Giannini – è compito dei genitori percepire un eventuale disagio. L’overthinking può manifestarsi dall’età in cui i bambini cominciano a riflettere sui problemi e su ciò che gli accade. Il bimbo sente una sorta di spinta, di costrizione al pensiero continuo e non smette di pensare fin quando non ha l’impressione che le cose si siano risolte. Il genitore può aiutare il bambino riportandolo sul piano della realtà, ma anche della fantasia. È fondamentale, infatti – conclude l’esperta – che i più piccoli mantengano la fluidità di pensiero, avendo sempre accesso al gioco, alla creatività ed alla fantasia».
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