Nuovo contratto, carenza di personale e recupero delle prestazioni rimandate per il Covid: la tempesta perfetta che rende le vacanze estive di chi lavora in ospedale un miraggio
I medici ospedalieri quest’estate potrebbero non riuscire ad andare in ferie. Un problema, quello dell’organizzazione dei turni nei mesi estivi, che caratterizza la primavera nella maggior parte degli ospedali italiani: la carenza di personale rende la compilazione del piano ferie un esercizio complesso e ingarbugliato, che può scaturire anche in litigi e recriminazioni. Quest’anno, poi, la concomitanza di una serie di elementi non ha fatto che peggiorare la situazione.
In primis il Covid-19 ha costretto migliaia di medici e professionisti sanitari a lavorare in condizioni estreme, rendendo il bisogno di un periodo di riposo ancor più indispensabile. Al contempo, tuttavia, proprio il Covid-19 ha comportato il rallentamento o la cancellazione di buona parte delle attività specialistiche non urgenti, che si sono accumulate nei mesi di emergenza e che ora devono essere recuperate. Sono stati fatti stanziamenti specifici per l’acquisizione della libera professione aziendale, che consente ai professionisti, su base volontaria, di lavorare in media 7 ore in più a settimana, retribuite a 60 euro lorde l’ora, nel tentativo di recuperare le migliaia di prestazioni non effettuate. E infine, questa è la prima estate in cui viene applicato il nuovo contratto di lavoro dell’area sanità, che in termini di ferie prevede alcune piccole ma significative novità.
«Il nuovo contratto ha vincolato i 20 giorni di ferie estive alle esigenze di servizio, quindi è tecnicamente possibile che le aziende ospedaliere impediscano ai medici di andare in ferie quest’estate perché c’è la necessità di recuperare le attività che sono state ridotte a causa del Covid-19». A parlare è Giovanni Leoni, segretario regionale di CIMO Veneto. L’articolo 33 comma 9 del nuovo Ccnl prevede: «Le ferie sono fruite, anche frazionatamente, previa autorizzazione, nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste del dirigente. Costituisce specifica responsabilità del dirigente con incarico di direzione di struttura complessa o semplice dipartimentale programmare e organizzare le proprie ferie tenendo conto delle esigenze del servizio a lui affidato, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie».
L’articolo corrispondente del contratto precedente (il 16 del CCNL del 6 maggio 2010) non faceva invece alcun riferimento alle esigenze di servizio: «Le ferie – si legge – sono fruite, anche frazionatamente, nel corso di ciascun anno solare in periodi programmati dallo stesso dirigente nel rispetto dell’assetto organizzativo dell’azienda o ente; in relazione alle esigenze connesse all’incarico affidato alla sua responsabilità, al dirigente è consentito, di norma, il godimento di almeno 15 giorni continuativi di ferie nel periodo dal 1 giugno al 30 settembre».
«Quindi è tecnicamente possibile che nessuno questa estate vada in ferie», commenta Leoni. Ma come si è arrivati a questa situazione? Sono sempre i tagli al settore sanitario perpetuati negli ultimi anni il primo motore immobile di buona parte dei problemi che affliggono la nostra sanità e i professionisti che vi lavorano. «Negli ultimi 20 anni l’offerta sanitaria pubblica è stata tagliata con cura e determinazione – continua il segretario di CIMO Veneto -. La politica ha tagliato i posti in rianimazione, il numero dei pronto soccorso, il numero delle borse di specializzazione, il numero dei dipendenti ospedalieri. In questi mesi ci siamo tutti commossi quando abbiamo visto in televisione le immagini drammatiche dalle terapie intensive – aggiunge -. Avete visto come siamo capaci di lavorare, ci avete ringraziato. Bene. Ora dateci la possibilità di fare un lavoro normale, per cui andare in ferie non sia un problema».
«Il numero di unità che svolgono determinate attività deve essere incrementato in modo da salvaguardare anche il benessere fisico del lavoratore – continua Leoni -. Dobbiamo avere la possibilità di riposarci dopo il lavoro, di poter usufruire delle ferie, della malattia, della gravidanza. Il medico ospedaliero ha scelto questo lavoro, dedicando la propria esistenza alla cura dell’altro e sacrificando fine settimana, notti e festività, per pura passione. Sicuramente non per soldi, visto che i nostri stipendi sono tra i più bassi in Europa. Ma nemmeno vogliamo fare gli eroi tutti i giorni della nostra vita. Se ci sono situazioni particolari non ci tiriamo indietro, e lo abbiamo dimostrato in questi mesi, in cui molti, troppi, colleghi sono anche morti a causa del loro lavoro. Ma non possiamo avere costantemente questa pressione sulle spalle – conclude -, non possiamo essere sempre in sofferenza. Vogliamo un lavoro normale, che ci consenta anche di avere una vita personale e familiare. E ci permetta, in estate, di andare in vacanza».
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