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In psicologia è la metafora del distacco, in ginecologia e ostetricia una fase necessaria del parto. Si tratta del taglio del funicolo ombelicale, quel cordone che collega il feto alla placenta materna, consentendogli di ricevere il nutrimento necessario alla sua crescita durante tutta la gestazione. Questo taglio viene tecnicamente definito, da medici e ostetrici, “clampaggio”, dall’inglese […]
In psicologia è la metafora del distacco, in ginecologia e ostetricia una fase necessaria del parto. Si tratta del taglio del funicolo ombelicale, quel cordone che collega il feto alla placenta materna, consentendogli di ricevere il nutrimento necessario alla sua crescita durante tutta la gestazione. Questo taglio viene tecnicamente definito, da medici e ostetrici, “clampaggio”, dall’inglese “clamp” che significa “morsetto”.
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«Può essere precoce – spiega Elsa Viora presidente AOGOI, l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani – quando avviene entro 15-20 secondi dalla nascita del bimbo o tardivo se effettuato dopo i 30 secondi».
Ma qual è il momento giusto per recidere questo legame fisico tra la mamma e il suo bambino? «Non esiste un attimo ideale in cui tagliare il cordone ombelicale – risponde Viora -, per stabilirne le tempistiche è sempre necessario contestualizzare, prendendo in considerazione le condizioni sia materne che fetali. Se un neonato nasce a termine, in assenza di particolari problematiche che richiedano un intervento urgente sul bambino, si cerca di effettuare un clampaggio tardivo, anche oltre il minuto. Nel caso di parto pretermine in genere, invece, il cordone ombelicale viene reciso entro 30 secondi dalla nascita. Più in generale è opportuno clampare quando il neonato ha cominciato a respirare in modo autonomo».
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«Rischi in un clampaggio tardivo non ce ne sono. Il vantaggio, invece – sottolinea la presidente AOGOI – è quello di lasciare il neonato in comunicazione con la propria madre ancora per un po’: fin quando la placenta continua a funzionare è in grado di fornire ossigeno al nascituro. Nel tempo che intercorre tra la nascita e il taglio del cordone il bambino, dunque, può adattarsi alla vita extrauterina. Il rapporto con la madre va spezzato solo quando il piccolo si sente effettivamente pronto, prontezza che dimostra compiendo il primo atto respiratorio e continuando a respirare in modo autonomo».
«Il travaglio – spiega la ginecologa – permette al feto di adattarsi pian piano alla vita extrauterina. Nel taglio cesareo, invece, questo passaggio avviene improvvisamente. Ne consegue che il neonato nato da parto spontaneo ha tempo di prepararsi a vivere in autonomia e, quindi, generalmente respira meglio. Ovviamente anche i bambini nati da parto cesareo godono di ottima salute, ma nei tagli cesarei elettivi, quelli effettuati senza che prima ci siano state delle contrazioni, si tende a fare una profilassi cortisonica, cioè a somministrare alla madre dei farmaci a base di cortisone, che stimoli polmoni del feto. In altre parole – conclude la presidente AOGOI – si ricrea artificialmente quella preparazione del feto a diventare neonato che nel parto spontaneo avviene naturalmente al momento del travaglio».
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