Il consigliere del ministero della Salute per l’emergenza Covid-19: «Servono assunzioni, e questo regionalismo differenziato in sanità non ha mai funzionato bene»
«L’Italia, se rinuncia al Mes e alla partita europea, è morta. Attualmente siamo al 160% del debito pubblico: o i cittadini lo capiscono adesso o lo capiranno quando arriva lo schiaffone dei licenziamenti, della povertà, addirittura della necessità di trovarsi da mangiare. Noi ovviamente vorremmo evitare tutto ciò, e per questo serve una leadership lungimirante». Lo ha detto Walter Ricciardi, consigliere del ministero della Salute per l’emergenza Covid-19, già presidente dell’ISS e responsabile sanità di Azione durante il webinar “Sanità – Cosa imparare dall’emergenza Covid-19” ospitato dall’ISPE – Istituto per la Promozione dell’Etica in Sanità. Un appuntamento che si è concentrato sull’analisi di cosa il sistema Italia ha imparato dall’emergenza coronavirus.
«Abbiamo imparato che definanziare il SSN è come volare su un aeroplano avendo tolto i motori -ha continuato Ricciardi -. Spero che ora sia evidente che dobbiamo continuare sulla strada derivante da questa consapevolezza, assumere gli oltre 40mila fra medici e infermieri che non abbiamo potuto sostituire negli ultimi anni e pensare a come assumere i 53mila infermieri di cui siamo in carenza. Spero che si possano mettere in sicurezza gli ospedali fatiscenti che ci sono in tutta Italia, migliorare i reparti ospedalieri lavorando sulla dotazione di attrezzature e reingegnerizzare un tessuto sanitario che ha avuto danni e ferite».
Ha aggiunto Ricciardi: «L’emergenza ci ha dimostrato che chi aveva sul territorio i soli ospedali è andato meno bene di chi aveva le strutture per provvedere al tracking and tracing dei contagiati; mi chiedo allora se abbiamo imparato la lezione sulla frammentazione decisionale che porta solo danni».
Nel 2002, spiega Walter Ricciardi, è stato aperto l’Osservatorio della Sanità presso l’Università del Sacro Cuore: «Sono insomma 18 anni che con tutti i nostri rapporti diciamo che questo regionalismo non può funzionare. Nessuno parla di un riaccentramento totale, ma questa geometria variabile differenziata non funziona e anche a Costituzione vigente, senza riforme di struttura, sarebbe possibile cambiare qualcosa: mi viene subito in mente la struttura della Medicina Generale che non può certo continuare così. Ho parlato con il direttore generale del presidio di Lodi. Mi ha detto che lui per parlare con i medici di Medicina Generale deve chiamarli uno ad uno: immaginatevi un generale d’esercito che durante la guerra parla con tutti i soldati per chiedergli se sono disposti ad avanzare».
«D’altro canto – ha concluso Ricciardi – c’è anche qualcosa che abbiamo imparato: ad esempio a seguire le evidenze scientifiche. So che si parla di stabilizzare e generalizzare la prassi dei comitati tecnici che abbiamo insediato per l’emergenza Covid. Abbiamo forse imparato che molti dei nostri professionisti migliori se ne sono andati e che noi il paziente “uno”, il manager lodigiano, l’abbiamo individuato grazie a degli studi bavaresi, perché in Germania ci sono ancora dei professionisti che sanno fare il tracking. Mi pare infine che ci siano delle Regioni che si stanno muovendo nella giusta direzione. Penso al Lazio che ha fatto degli sforzi interessantissimi, penso all’Emilia Romagna e a diversi altri esempi di buone pratiche sul territorio».
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