Lavoro e Professioni 24 Novembre 2015 16:32

«Noi sempre in corsia. Il Paese ci riconosca il giusto valore, altrimenti andremo all’estero»

Una media settimanale di settanta ore, centinaia di giorni di ferie accumulate: i medici si sfogano scrivendo a redazione@sanitainformazione.it.

«Noi sempre in corsia. Il Paese ci riconosca il giusto valore, altrimenti andremo all’estero»

Lavoro in media sessanta ore, con punte di settanta, con straordinari regolarmente non retribuiti: è una pena, dobbiamo emigrare e mettere la nostra professionalità al servizio di un altro Paese che riconosca il giusto valore a quanto facciamo».


Questo è lo sfogo del dottor Stanislao D’Auria, neurochirurgo presso l’azienda ospedaliera Santa Maria della misericordia di Udine. È un problema che, da nord a sud, tocca tutti i medici italiani. Sono centinaia le voci che si affollano nella email di Sanità informazione, che da settimane – con la campagna #BastaTurniMassacranti – ha dato spazio ai medici italiani e alle loro storie. Ma questi turni massacranti finiranno con l’entrata in vigore della Legge 161/2014 che deve mettere fine alla violazione della direttiva europea 2003/88 sugli orari di lavoro? Perplessità, scetticismo, dubbi e testimonianze che raccontano l’ennesima violazione di un diritto. Voci e parole ora all’attenzione anche del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha chiesto al nostro giornale di poter leggere le segnalazioni di chi è in prima linea, per poter dare risposte concrete. Nel frattempo, però, si parte con due certezze: la carenza di personale che rende complicata la corretta turnazione e migliaia di ricorsi già avviati che espongono lo Stato al rischio di un altro salasso.

Per Claudio Merli, primario di una UO (Unità Operativa) multizonale di Anestesia Rianimazione, «per i piccoli ospedali si preannuncia una fine pressoché certa: i grandi terranno botta un po’ meglio, i piccoli, ripeto, non hanno risorse sufficienti e di certo queste non si troveranno in due settimane. Nel nostro caso, ad esempio, ci sono ospedaliere diverse e distanti tra loro. Complessivamente siamo in sette, con festività, reperibilità notturne e tutto il resto. Con questa legge e questi mezzi a disposizione, uno dei due ospedali dovrà di fatto chiudere, l’altro dovrà ridurre talmente l’attività, da perdere il significato stesso della sua esistenza. Questa la realtà incontestabile e sfido chiunque, Ministro in primo luogo, ad affermare il contrario».

Insieme alle domande arrivano soprattutto testimonianze dirette di turni massacranti: «Il problema è che lavorando 6 ore di pomeriggio, altre 12 di reperibilità la notte e aggiungendo un altro turno di 6 ore la mattina, si finisce col lavorare 24 ore continuativamente», spiega il dottor Nicola Gambardella, in forza all’ospedale di Taormina. «Ogni punto nascita – entra, invece, più nello specifico Antonella Amendola, prendendo ad esempio le strutture ospedaliere della Toscana, regione in cui lavora – dovrebbe avere il pediatra h24 e non in regime di reperibilità. Questo garantirebbe sicurezza ed eviterebbe situazioni in cui siamo costretti al turno pomeridiano, più la reperibilità e quindi un altro turno il giorno successivo». Situazione con molti punti di contatto con l’UO di Ostetricia e Ginecologia dell’Area Vasta 2 di Jesi – Osimo Regione Marche, dove ci sono «Dirigenti con centinaia di ore di straordinario e centinaia di giorni di ferie arretrate. Ma ci sono anche prescrizioni dal lavoro notturno per alcuni Dirigenti, con ricadute pesanti sui rimanenti, assenze di guardia h24 nel polo di Osimo con l’indicazione di chiudere il punto nascita, che comunque rimane attivo da anni: insomma nulla delle normative nazionali viene rispettato», fa notare Angelo Curatola che dirige l’Azienda in questione.

Significativo anche un altro aspetto, approfondito dalla dottoressa Simonetta Fabbri, che lavora a Bologna: «Nella realtà professionale in cui vivo, siamo in parecchi medici ad effettuare turni di guardia notturna e festivi in Ospedali accreditati con un compenso netto che è meno di quello di una badante. Ci siamo documentati a proposito e, con tutto il mio rispetto per le badanti, che svolgono comunque un lavoro utile, la responsabilità che ci viene richiesta non è pagata sufficientemente».

Questi sono solo alcuni dei numerosi messaggi arrivati a redazione@sanitainformazione.it, indirizzo al quale potete continuare a scriverci, anche per segnalarci cosa è successo veramente dopo il 25 novembre.

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