Cartabellotta, presidente Gimbe: «Nel 2019 ticket per le prestazioni ridotti del 6,5%, mentra in aumento quelli dei farmaci del 10%. Spicca l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti in tutte le Regioni del Centro-Sud»
Ogni regione prevede un sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria differente, corredata anche da diversi livelli di autonomia. Nel corso degli anni queste differenze hanno creato un difficile intreccio rispetto a esenzioni e importi dei ticket. Con l’ultimo report, l’Osservatorio Gimbe ha analizzato come e quanto le regioni hanno partecipato a quei 3 miliardi di spesa sanitaria registrati nel 2019. Integrando i dati del Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti con quelli del Monitoraggio AIFA della spesa farmaceutica 2019.
«Nata per moderare i consumi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria ha finito per costituire un rilevante capitolo di entrata per le Regioni in un’epoca caratterizzata da un definanziamento della sanità pubblica senza precedenti». Nel 2019 le Regioni hanno incassato per i ticket € 2.935,8 milioni (€ 48,6 pro-capite), di cui € 1.581,8 milioni (€ 26,2 pro-capite) per farmaci e € 1.354 milioni (€ 22,4 pro-capite) per prestazioni specialistiche, incluse quelle di pronto soccorso (figura).
Cartabellotta ha spiegato che nel periodo 2014-2019 «l’entità complessiva della compartecipazione alla spesa sanitaria si è mantenuta relativamente stabile, ma abbiamo assistito ad una sua progressiva ricomposizione». «Rispetto al 2014 – ha aggiunto – quando gli importi dei ticket per farmaci e prestazioni specialistiche erano sovrapponibili, nel 2019 quelli per le prestazioni si sono ridotti del 6,5% mentre sono aumentati quelli per i farmaci (+10,1%)».
Nel 2019, rispetto all’anno precedente, i ticket sono diminuiti di € 32,2 milioni (-1,1%), di cui € 5 milioni (-0,4%) per le prestazioni specialistiche e € 27,2 milioni (-1,7%) per i farmaci. Dall’analisi le differenze regionali nella partecipazione alla spesa risultano notevoli. In particolare, se il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da € 33,5 in Sardegna a € 90,8 in Valle d’Aosta, per i farmaci l’importo varia da € 15,3 in Piemonte a € 36,4 in Campania, mentre per le prestazioni specialistiche si va da € 8,5 in Sicilia a € 65,3 in Valle d’Aosta.
«Un dato di estremo interesse – precisa Cartabellotta – emerge dallo “spacchettamento” dei ticket sui farmaci, che include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca al medicinale equivalente». Nel 2019 dei € 1.581,8 milioni sborsati per il ticket sui farmaci, solo il 29% è relativo alla quota fissa per ricetta (€ 459,3 milioni pari a € 7,6 pro-capite), mentre la quota differenziale sborsata per i farmaci “griffati” ammonta a € 1.122,5 milioni (€ 18,6 pro-capite).
Complessivamente, nel periodo 2013-2019 la quota fissa sulle ricette si è ridotta del 17,7% (-€ 98,7 milioni), mentre è aumentata del 27,8% la quota prezzo di riferimento per la scelta dei farmaci di marca (+€ 244,5 milioni). Un comportamento che penalizza l’Italia nel confronto internazionale: su 26 paesi l’OCSE ci colloca al penultimo posto per valore e al terzultimo per volume di farmaci equivalenti.
«Spicca – rileva il Presidente – l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti in tutte le Regioni del Centro-Sud che registrano una spesa per i farmaci di marca più elevata della media nazionale». In particolare: Lazio (€ 24,9), Calabria (€ 24,7), Sicilia (€ 23,9), Campania (€ 23,3), Basilicata e Molise (€ 22,5), Puglia (€ 22), Abruzzo (€ 21,5), Umbria (€ 20,8) e Marche (€ 20,3).
«Il nostro report indipendente – commenta il Presidente – conferma notevoli eterogeneità regionali che richiedono azioni differenziate. In particolare, se le risorse allocate per il superamento del superticket determineranno una progressiva riduzione della compartecipazione per le prestazioni specialistiche, mancano azioni concrete per promuovere l’utilizzo dei farmaci equivalenti, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud». Dunque, a fronte di un investimento di € 554 milioni/anno di risorse pubbliche per favorire l’accesso alle prestazioni specialistiche, stride l’esborso per i farmaci brand da parte dei cittadini di oltre € 1.120 milioni, il 38,2% della compartecipazione alla spesa sanitaria e il 71% di quella per i farmaci.
«Rispetto all’equità di accesso alle cure – conclude Cartabellotta – auspichiamo che venga presto attuata una delle più grandi incompiute politiche degli ultimi anni, già prevista dal Patto per la Salute 2019-2021: ovvero uniformare a livello nazionale regole per le esenzioni e criteri per la compartecipazione alla spesa sanitaria».
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