La psicoterapeuta: «Da un racconto generale, si arriva a focalizzare l’attenzione prima su un episodio in particolare e poi sugli stati d’animo provati. L’ipnosi si concretizzerà con un cambiamento dello stato di coscienza che permetterà di entrare in contatto con la parte più profonda di sé»
«Maria (ma il nome è di fantasia) si concedeva molti fuori pasto, cibandosi soprattutto di panini e spuntini comprati nei fast food. Nonostante fossero piuttosto economici era capace di ordinare anche pietanze per un totale di 40 euro, mangiandole tutte, voracemente. Inutile raccontare il risultato sulla bilancia: era innegabilmente obesa. Eppure grazie all’ipnosi Maria è riuscita a varcare la porta d’uscita del fast food che era solita frequentare senza aver ordinato né mangiato nulla».
È Nicoletta Gava, direttrice dell’omonimo centro di ipnosi, psicologa e psicoterapeuta a capo del Milton Erickson di Torino, a raccontare la storia di una delle sue tante pazienti che, grazie all’ipnosi, è riuscita a guarire. «La tecnica dell’ipnosi – continua Gava – risulta particolarmente efficace in soggetti che soffrono di disturbi alimentari, in particolare di fame nervosa o che hanno la tendenza a prendere e perdere peso di continuo».
Le sedute di ipnosi necessitano di una preliminare conoscenza tra lo specialista e il suo paziente che permetta di mettere a fuoco il problema, o i problemi, da cui ha avuto origine la patologia. «Di solito – continua la psicoterapeuta – chi decide di affidarsi all’ipnosi, nella maggior parte dei casi, ha già la piena consapevolezza di soffrire di un disturbo alimentare: ha consultato nutrizionisti, dietologi e psicologi».
E allora perché non riesce a uscirne? «Perché quel rapporto disfunzionale con il cibo non è soltanto doloroso, ma soprattutto incontrollato: è una sorta di pilota automatico», risponde la specialista. Per rimettersi al volante sarà necessario imparare a controllare i propri stati emotivi: «Gestire i trigger, ossia gli attivatori che innescano questo modo di mangiare patologico è l’obiettivo della terapia basata sull’ipnosi», commenta Gava.
Il professionista non utilizzerà nessun pendolo che induce un sonno profondo o altri metodi incantatori, ma sarà il conduttore di un dialogo che mira alla ricerca di sentimenti, emozioni e sensazioni, i più intimi del paziente. «Da un racconto generale – continua la psicoterapeuta – si arriverà a focalizzare l’attenzione prima su un episodio in particolare e poi sugli stati d’animo provati in quel momento. A questo punto interverrà l’ipnosi che si concretizzerà con un cambiamento dello stato di coscienza, verso un stato di trance ipnotica che permette di entrare in contatto con la parte più profonda di sé».
A poco a poco il paziente imparerà a riconoscere quali sono gli stati mentali che si trova a vivere prima del momento in cui scatta quell’incontrollabile voglia di mangiare, «proprio come Maria che, grazie all’ipnosi, ha compreso come modificare il suo stato di coscienza, scoprendo di poter utilizzare la propria mente a proprio vantaggio».
«In altre parole, l’ipnosi fornisce al paziente gli strumenti necessari ad interrompere quello schema comportamentale che, ripetendosi nel tempo, induce all’abbuffata. Strumenti che impareranno ad utilizzare anche in maniera autonoma, senza l’aiuto dello psicoterapeuta, praticando l’autoipnosi. E così – conclude la psicologa – saranno capaci di riprendere il controllo della propria mente ogni volta che proveranno stress, rabbia o tristezza, indirizzando le proprie reazioni verso un finale più adeguato e soprattutto non patologico».