Salute 7 Settembre 2020 11:26

«Sono un volontario per le sperimentazioni del vaccino anti-Covid. E sono stato sommerso dalle offese online»

La storia di Rinaldo Sidoli, candidato idoneo per la Fase 2 della sperimentazione clinica del vaccino sviluppato dallo Spallanzani. Portavoce APE e animalista, molti non hanno capito la sua scelta e ha dovuto fronteggiare l’odio online

«Sono un volontario per le sperimentazioni del vaccino anti-Covid. E sono stato sommerso dalle offese online»

Mette ormai d’accordo scienziati da ogni parte del mondo quella conclusione che vede la fine della pandemia solo con l’arrivo di un vaccino funzionante. Tutti i Paesi stanno dando il loro contributo alla ricerca, sono 236 i candidati vaccini anti-Covid attualmente in via di sviluppo. Alcuni, con sperimentazioni meno complete, sono già stati registrati: uno dei vaccini cinesi e lo Sputnik V di matrice russa. Anche l’Italia ha voluto dare il suo contributo: l’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma ha fatto partire la prima sperimentazione sull’uomo lo scorso 24 di agosto. La prima volontaria ad avere il vaccino inoculato è stata una donna di 50 anni, per poi continuare con 90 candidati. Sanità Informazione ha rintracciato uno dei volontari, indirizzato dai ricercatori per la Fase 2 di sperimentazione clinica.

Rinaldo Sidoli, 39 anni, portavoce dell’associazione Alleanza Popolare Ecologista (Ape). Perché ha deciso di candidarsi e quale procedura ha seguito?

«Le immagini sconcertanti andate in televisione nei mesi scorsi mi hanno fatto capire quanto drammatica fosse la situazione negli ospedali a causa della pandemia. I vari bollettini che venivano diramati in piena emergenza coronavirus contenevano numeri, ma in realtà erano persone. Questa differenza è diventata palpabile quando sfortunatamente è toccato al papà di una mia amica. Da quel momento ho auspicato che la ricerca trovasse un vaccino. Quando il 7 agosto ho letto l’appello della Regione Lazio ho riflettuto attentamente, poi ho inoltrato un’email all’Istituto Spallanzani con la mia candidatura a volontario per il vaccino anti-Covid. È stato un gesto spontaneo, nato dal cuore, come quello di tanti altri volontari che credono nella ricerca e nella sanità pubblica.

Vorrei che questa mia azione servisse ad alleviare la sofferenza di quelle persone che si trovano in terapia intensiva a salvare vite. Il Paese deve tornare alla normalità e solo grazie a questo vaccino potrà ripartire. Mi auguro che il legislatore, dopo questa tragedia, abbia compreso l’importanza nel sostenere gli investimenti in ricerca su biotech e medicale. Se siamo arrivati a un vaccino Made in Italy è grazie a una eccellenza che ci viene invidiata in tutto il mondo. La ricerca non è un “optional”, è un capitale umano che va salvaguardato con strategie di lungo termine, al fine di prevenire future pandemie».

Quando l’hanno chiamata e cosa la aspetta ora?

«Il 26 agosto ho ricevuto una telefonata dallo Spallanzani che mi comunicava la mia idoneità per la fase 2 della sperimentazione. L’inoculazione sarà preceduta da un pre-screening che accerterà il mio buono stato di salute. È necessario che il volontario sia sano affinché le percentuali di efficacia siano molto alte in una risposta anticorpale specifica e sufficiente contro le componenti del vaccino. Il mio percorso dovrebbe iniziare questo mese».

Quali sono state le reazioni alla sua scelta?

«Ho dato comunicazione tramite i social della mia candidatura per la sperimentazione del vaccino anti-Covid e mai mi sarei aspettato commenti triviali senza basi scientifiche. Non mi hanno toccato le frasi gravemente offensive nei miei confronti. Sono stato ferito per i commenti “negazionisti” di talune persone che considerano questo mio atto volontario inutile, in quanto questo contagio virale non esisterebbe. Da attivista speravo che gli amanti degli animali avessero capito l’importanza di questa mia scelta e invece ho scoperto degli estremisti che non hanno a cuore la vita delle persone.
Non può esistere la difesa degli animali senza il rispetto della vita a 360 gradi. Sottoporsi a una sperimentazione volontaria non equivale a sostenere la “vivisezione”. Per la prima volta la ricerca ha dato la possibilità all’uomo di offrirsi come “cavia” al posto degli animali. Una scelta di libertà che apre il percorso di abbandono degli esperimenti su animali. È giusto che un animalista come me capisca cosa si prova a stare dalla parte di chi si sottopone a un vaccino, come succede spesso con gli animali, che purtroppo non hanno la possibilità di scegliere».

 

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