Salute 10 Settembre 2020 13:45

Quarantena di 7 giorni, Andreoni (Tor Vergata): «Aumenta rischio infezioni del 5-10%»

L’iniziativa francese ha scatenato il dibattito anche nel nostro Paese. Ma perché è stata presa e a quali rischi andremmo incontro se dovessimo adottarla anche in Italia?

Quarantena di 7 giorni, Andreoni (Tor Vergata): «Aumenta rischio infezioni del 5-10%»

La riduzione dei giorni di quarantena da due a una settimana decisa in Francia ha sollevato un dibattito anche nel nostro Paese sull’eventualità di adottare una misura simile e dimezzare il tempo in cui una persona infetta da Covid deve restare isolata in casa. «È una scelta di compromesso – commenta a Sanità Informazione il professor Massimo Andreoni, direttore della UOC Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma – in quanto si è scelto di aumentare leggermente il rischio del protrarsi dell’infezione in cambio di un ritorno più rapido alla normalità, e al lavoro, delle persone infette».

Professor Andreoni, ci spieghi quale principio è alla base di una scelta come questa.

«È una soluzione di compromesso che aumenta il rischio di trasmissione dell’infezione. Insomma, è una soluzione che paga uno scotto. Ridurre a sette giorni la quarantena vuol dire che possiamo controllare solo il 90% circa delle persone che possono trasmettere l’infezione. Si calcola che il rischio di infezione oltre al settimo giorno riguardi il 5-10% delle persone. Ciò vuol dire che con una quarantena di una settimana incrementeremmo di circa il 5-10% la possibilità di trasmissione delle persone che sono lunghi eliminatori del virus».

Quindi non si tratta di una scelta dettata dall’inutilità di tenere le persone chiuse in casa per due settimane ma di un baratto: rendiamo le cose più semplici a costo di un 5-10% di possibilità in più che queste persone ne infettino altre.

«Esattamente. Questa scelta va ovviamente nella stessa direzione di tutte le scelte che si stanno facendo in questo momento. Si cerca di ridurre al massimo il rischio nei confronti dell’epidemia, ma senza azzerarlo, in modo da poter effettivamente riattivare una serie di attività che risultano fondamentali. La scelta di riaprire le scuole va proprio in questo senso. Aprire le scuole senza dubbio è un’azione pericolosa in termini epidemici: si cerca di mettere in atto tutti i sistemi possibili per ridurre le possibilità di contagio ma qualche rischio in più rispetto ad ora lo correremo. La riduzione della quarantena va proprio in questa direzione. Bisogna soppesare il beneficio in funzione del danno che si arreca».

Lei è d’accordo con questa decisione?

«Personalmente, in questo particolare momento epidemico non sarei d’accordo nel ridurre il tempo di regime di quarantena. Secondo me proprio ora bisogna tenere la guardia ancora più alta. Questo tipo di intervento non mi sembra giustificato, dato il momento critico che stiamo vivendo e, soprattutto, anche proprio a ridosso dell’apertura delle scuole. Io manterrei la quarantena di due settimane».

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