Il presidente Lice: «Un nuovo lockdown farebbe meno paura ai malati di epilessia con il supporto specialistico a distanza»
Sono sempre più numerosi i medici che ricorrono al teleconsulto e alle app per monitorare, visitare e dialogare con i pazienti affetti da epilessia. Ben l’83% degli specialisti di 35 paesi del mondo occidentale è ricorso alla tecnologia durante la pandemia da Covid con ottimi risultati. È il dato emerso durante il Simposio promosso da UCB Italia, nell’ambito del 43° Congresso Nazionale della Lega Italiana contro l’Epilessia trova conferma nelle parole di Oriano Mecarelli, presidente di Lice.
«Speriamo che da una necessità si passi ad una opportunità – esordisce Mecarelli raggiunto via Skype da Sanità Informazione – che nel nostro lavoro quotidiano si possano sfruttare molto di più i sistemi di telemedicina perché l’epilessia si presta molto ad essere affrontata con queste modalità».
Oltre alla televisita e al teleconsulto, già ampiamente utilizzati da neurologi e medici specialisti, esiste una nuova frontiera tutta da scoprire che permetterà al paziente di gestire in autonomia i momenti di crisi.
«Si può educare il paziente ad utilizzare delle app dedicate e dei portali elettronici dove lui stesso possa tenere il diario delle crisi, un promemoria per l’assunzione dei farmaci, scambiare contenuti audio e video e quindi mantenere molto stretto un rapporto con il curante più di quanto sia possibile fare con i sistemi assistenziali usuali».
«Noi epilettologi – prosegue Mecarelli – abbiamo preso atto che bisogna cambiare strategia di cura quindi ci siamo allenati dopo la sospensione del lockdown ad avere con il paziente un rapporto diverso e l’abbiamo preparato in qualche modo ad usare altri strumenti. Certo, siamo sempre su base artigianale, bisognerebbe che le istituzioni implementassero dei veri servizi di formazione per la telemedicina che siano riconosciuti per il medico perché poi è tutta attività che il medico fa in orario extra-lavorativo. C’è molto da fare, ma credo che dinnanzi a un’altra fase acuta dell’emergenza come presumibilmente sarà, saremo pronti. Sapremo cosa fare e anche i pazienti saranno più sereni nell’affrontare un altro momento critico».
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