Alla Camera sono riprese le audizioni sulla legge in materia di rifiuto dei trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia. Tra le richieste della Federazione degli Ordini dei Medici l’affidamento della certificazione dello stato clinico del richiedente a team professionali medici e l’attuazione omogenea della legge sulle Cure Palliative
Sul fine vita FNOMCeO e FNOPI mettono i paletti e fanno delle precise richieste al legislatore. È quanto è emerso dalle audizioni presso le Commissioni Riunite Giustizia e Affari Sociali, sulle proposte di Legge Cecconi, Rostan, Sarli e Alessandro Pagano in materia di rifiuto dei trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia. Un confronto in cui le Federazioni dei Medici e degli Infermieri hanno lanciato spunti sul tema dell’autonomia della coscienza del medico e dell’informazione adeguata dei cittadini sulle Cure Palliative e sulle Disposizioni anticipate di trattamento. Tuttavia se per la FNOMCeO Codice Deontologico e legge possono anche non coincidere, per la FNOPI una armonizzazione è ineludibile.
La questione è tornata d’attualità dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2019 che ha ritenuto, nell’attesa di un indispensabile intervento del Legislatore, ‘non punibile ai sensi dell’articolo 580 del Codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile’.
A collegarsi in videoconferenza con le Commissioni è stato Pierantonio Muzzetto, Coordinatore della Consulta Nazionale Deontologica della Fnomceo. Nell’emanazione della legge la Federazione degli Ordini dei Medici chiede di tenere conto di cinque fattori:
L’Audizione arriva a un anno e mezzo di distanza da quella del maggio 2019, sullo stesso argomento: nel frattempo il Consiglio nazionale FNOMCeO ha approvato gli indirizzi applicativi all’articolo 17 del Codice di Deontologia medica (Atti finalizzati a provocare la morte), che sanciscono la non punibilità – dopo attenta valutazione deontologica – del medico da un punto di vista disciplinare ove ricorrano tutte le condizioni previste dalla sentenza del 2019.
«La Federazione ritiene che le norme del Codice di Deontologia Medica siano sempre alla base dell’agire medico e che debbano confrontarsi con il progresso scientifico, tecnologico e con le trasformazioni sociali – premette Muzzetto -. L’entrata in vigore di nuove norme legislative necessita un confronto costante e un vaglio attentissimo, pur non implicando automatici cambiamenti della disciplina deontologica».
«Occorre pensare – continua Muzzetto – non solo da un punto di vista giuridico, che la presa di posizione della Corte e del legislatore, i cui atti saranno naturalmente da vagliarsi con estrema attenzione, non implicano in via automatica variazioni o adeguamenti della disciplina deontologica alle nuove enunciazioni introdotte, considerando esaustive quelle apportate nella fase finale all’articolo 17 del CDM come nota aggiuntiva in merito alla sentenza 242/19».
Muzzetto ha poi sottolineato che «ciò che riguarderà la definizione clinica delle condizioni previste dalla Corte sarà affidata a un team clinico e medico legale, al fine di attuare la decisione suicidaria del paziente. Un differente atteggiamento anche rispetto al solo fine prescrittivo nel dover fronteggiare atteggiamenti autolesivi di diversa origine troverebbe una preclusione nello stesso Codice deontologico, in base alla perentorietà della norma deontologica prevista e ampiamente illustrata (CDM art.17 e art.13 penultimo comma)».
Sulla stessa linea dei medici anche la Federazione nazionale degli infermieri audita oggi alla Camera. Cosimo Cicia, componente del Comitato centrale della Federazione e Aurelio Filippini, Presidente Opi Varese ed esperto di Bioetica, hanno ribadito che «infermieri e medici devono potersi attenere ai loro codici deontologici e la proposta di legge all’esame della Camera deve tenerne conto e metterlo nero su bianco».
Una posizione, quella della FNOPI, già espressa all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale del 2019. «La sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale e le iniziative legislative in corso di esame – spiega la FNOPI nell’audizione – superano la visione, ormai remota, della vita come bene indisponibile e oggetto di ingerenza pubblica, a favore di un principio di autodeterminazione del paziente, peraltro coerente con la legge n. 219 del 2017. L’integrazione normativa, che già si attua, tra norme statali e Codice Deontologico, dovrà essere tenuta in considerazione in sede di percorso legislativo parlamentare, in coerenza con il Codice e con l’esperienza infermieristica diffusa, che nel Codice ha trovato la sua traduzione normativa».
«Si ritiene opportuno – conclude la FNOPI – che venga inserito nella legge in corso di elaborazione un riferimento ai Codici deontologici di infermieri e dei medici, che potrebbe costituire una validazione della natura normativa integrata che essi recano in sé e della necessità che i professionisti della sanità possano, con evidenza, coerenza e chiarezza, adempiere linearmente sia ai doveri giuridici derivanti dalle norme statali sia ai doveri deontologici».
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