Con l’entrata in vigore del Decreto Semplificazioni è stato introdotto l’obbligo per tutte le imprese costituite in forma societaria e per le ditte individuali di comunicare la Posta elettronica certificata al registro delle imprese entro il primo ottobre 2020, con rischio di sanzioni in caso di omissione
Con l’entrata in vigore del Decreto Semplificazioni è stato introdotto l’obbligo per tutte le imprese costituite in forma societaria e per le ditte individuali di comunicare il domicilio digitale (ovvero la Pec, Posta elettronica certificata) al registro delle imprese entro il primo ottobre 2020, con rischio di sanzioni in caso di omissione.
Per le società la sanzione va dai 206 ai 2.064 euro, mentre per le imprese individuali dai 30 ai 1.548 euro. Anche i professionisti iscritti ad Albi od elenchi costituiti con legge statale sono chiamati a fare altrettanto, ovvero comunicare al proprio Ordine o collegio il proprio domicilio digitale. In assenza di informazioni al riguardo, gli Ordini e i collegi sono tenuti ad inoltrare una diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni. Qualora il professionista non dovesse mettersi in regola, l’Ordine di appartenenza dovrà procedere alla sospensione dall’Albo fino alla comunicazione del domicilio.
Secondo quanto stabilito dal D.L. 29 novembre 2008 (n.185), e in particolare dal comma 7 dell’articolo 16, gli elenchi devono essere liberamente accessibili da parte della pubblica amministrazione e ogni condotta che possa, in qualche modo, comprimere o impedire questo accesso potrà comportare l’adozione da parte del Ministero competente di un provvedimento di scioglimento o di commissariamento.
Oltre alle sanzioni, occorre segnalare che, in caso di mancata comunicazione, le imprese vedranno assegnarsi d’ufficio un domicilio digitale per consentire la ricezione delle eventuali comunicazioni e per le notifiche degli atti amministrativi.
Un aspetto da non trascurare riguarda il fatto che, oltre al possesso e alla corretta comunicazione, la casella di Posta elettronica certificata deve essere sempre adeguatamente mantenuta (e quindi attiva ed in condizioni tali da poter recepire eventuali comunicazioni) e, soprattutto, quotidianamente verificata.
Di recente, la Corte di Cassazione (n. 12451/2018) ha infatti ribadito che “il titolare dell’account” di Posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della propria casella postale e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti-intrusione, oltre che di controllare la posta in arrivo e la “posta indesiderata”.
Non è infatti giustificabile la condotta di chi, volendo motivare la tardiva impugnativa di un atto (come, ad esempio, un verbale di contravvenzione stradale ricevuto via Pec), sostenga di non aver aperto la posta o di non aver ricevuto la consueta raccomandata, dato che la notifica sull’indirizzo di posta elettronica certificata viene ritenuta validamente eseguita con l’avvenuta ricezione all’indirizzo e non con l’effettiva lettura da parte del ricevente.
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