Sanità 16 Ottobre 2020 15:49

«Pochi o nessun beneficio dagli antivirali sperimentati su pazienti Covid ricoverati». I primi risultati del trial OMS

I risultati intermedi del big-trial Solidarity su Remdesivir, Idrossiclorochina, Lopinavir, Ritonavir e Interferone-B1A

di Peter D'Angelo
«Pochi o nessun beneficio dagli antivirali sperimentati su pazienti Covid ricoverati». I primi risultati del trial OMS

Solidarity è un big-trial dell’Organizzazione mondiale della sanità, iniziato a marzo, che ha coinvolto 11.266 pazienti distribuiti su 405 ospedali e in 30 paesi. I farmaci in studio erano Remdesivir, Idrossiclorochina, Lopinavir (combinazione a dose fissa con Ritonavir) e Interferone-β1a. I pazienti ricoverati con COVID-19 sono stati randomizzati equamente tra i farmaci di studio e i gruppo di controllo. L’obiettivo principale era quello di contribuire a determinare se uno qualsiasi dei 4 antivirali riproposti potesse almeno moderatamente influire sugli effetti in ospedale, sulla mortalità, e se gli eventuali effetti influissero sull’evoluzione della malattia moderata e grave.

REMDESIVIR

A pochi giorni dalla pubblicazione di uno studio randomizzato sul New England Journal of Medicine, arrivano anche le conclusioni intermedie di Solidarity. I due studi differiscono in parte. Nel trial Solidarity per Remdesivir il periodo di trattamento programmato era di 10 giorni (o prima di morte o dimissione). I rapporti di mortalità (numero decessi/randomizzati, ogni farmaco rispetto al suo controllo) sono stati: Remdesivir 301/2743 trattati con farmaco, contro 303/2708 del gruppo controllo. A questi regimi il Remdesivir sembra avere poco o nessun effetto sui pazienti COVID-19 ricoverati in ospedale, come indicato dalla mortalità complessiva, dall’inizio della ventilazione e dalla durata dell’ospedalizzazione. I risultati della mortalità contengono la maggior parte delle prove randomizzate su Remdesivir, e sono coerenti con le meta-analisi della mortalità in tutti i principali studi.

IDROSSICLOROCHINA

Le dosi giornaliere erano quelle già utilizzate per altre malattie, ma per massimizzare l’efficacia senza rischi cardiaci eccessivi il dosaggio di idrossiclorochina era basato su quello per l’ascesso epatico amebico, piuttosto che il dosaggio più basso per malaria. Il dosaggio era di 2.400 mg di carico iniziale e poi due compresse da 200 mg  di solfato di idrossiclorochina al giorno per 10 giorni. Nonostante si temesse che la dose di carico potesse essere temporaneamente cardiotossica, in nessuno c’è stata un’eccessiva mortalità durante i primi giorni, quando i livelli della molecola nel sangue erano più alti.

Sono stati randomizzati 954 pazienti sull’Idrossiclorochina, i rapporti di mortalità sono stati di 104 su 947 arruolati nel gruppo del farmaco, contro 84 decessi su 906 del gruppo controllo (che non ha preso il farmaco). La sperimentazione su Idrossiclorochina è stata interrotta il 18 giugno.

LOPINAVIR

Con il Lopinavir (sempre in co-somministrazione con Ritonavir), anche se le compresse non potevano essere ingoiate da pazienti ventilati, non vi è stato alcun beneficio apparente. Questo indica che non c’è stato alcun effetto materiale sulla mortalità ed esclude una riduzione proporzionale del 10%. Uno studio aggiuntivo all’interno di Solidarity, Discovery, ha registrato molti parametri clinici, identificando un inaspettato aumento della creatinina (forse perché i livelli ematici sono più alti rispetto a quelli dei pazienti con HIV a dosaggio simile), ma non hanno registrato morti renali o epatiche con Lopinavir. Il trial su Lopinavir è stato interrotto per inutilità il 4 luglio 2020.

INTERFERONE-Β1A

Per l’Interferone-β1a non sono stati riportati studi di mortalità di grandi dimensioni finora. Attualmente non sembra aver alcun effetto sulla riduzione dei decessi da COVID-19. Circa la metà dei pazienti trattati con interferone (e la metà dei loro controlli) hanno ricevuto corticosteroidi, ma confrontando interferone con la mortalità dei controlli sembrava non esserci alcuna influenza dei corticosteroidi. La maggior parte dell’interferone era somministrato per via sottocutanea, ma l’interferone sottocutaneo e quello endovenoso hanno una farmacocinetica diversa. La randomizzazione all’Interferone è cessata ad ottobre, ma potranno emergere altre prove a breve, perché secondo un report recente l’Interferone-β1a nebulizzato potrebbe essere efficace. Per ora si parla solo di circa 100 pazienti COVID, ma lo studio ACTT-3 controllato con placebo è in corso di sperimentazione e mira a coinvolgere 1000 pazienti.

CONCLUSIONI

Questi regimi terapeutici con antivirali sembravano quindi avere poco o nessun effetto sui pazienti COVID-19 ricoverati in ospedale, come indicato dalla mortalità complessiva, dall’inizio della ventilazione, e dai tempi di dimissioni dell’ospedale. Per ognuno di questi 4 antivirali, Remdesivir, Idrossiclorochina, Lopinavir e Interferone, diverse migliaia di pazienti sono stati randomizzati in varie prove. I risultati complessivi poco promettenti sono sufficienti a confutare le prime speranze, basate su studi più piccoli o non randomizzati, in cui si riducevano le mortalità ospedaliere, l’inizio della ventilazione o la durata del ricovero in ospedale. In questo momento sembravano avere poco o nessun effetto sui malati COVID-19 ricoverati in ospedale. Solidarity sta ancora reclutando circa 2000 pazienti al mese, per valutare ulteriori trattamenti, come gli immunomodulatori e specifici anti-SARS CoV-2 come gli anticorpi monoclonali.

 

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