di Luciano Cifaldi, primario oncologo, segretario generale della Cisl Medici Lazio
Aosta, medico opera una paziente in condizioni gravi durante la quarantena Covid: a processo.
Già solo il termine “condizioni gravi” della paziente potrebbe giustificare il comportamento del Collega che ha deciso di uscire dalla quarantena per tentare di salvare una vita umana, cosa poi avvenuta con pieno successo.
Si dirà che se si deroga alle regole diventa facile costruirsi una propria etica comportamentale a fisarmonica, da usare a piacimento adattandola per le proprie esigenze.
Ma il punto non è solo questo. Si potrà obiettare che il comportamento del Collega chirurgo ha messo a repentaglio la salute degli operatori di sala operatoria. In parte potrebbe essere vero, almeno in teoria, ma questo ci porterebbe a dovere entrare nel merito di positività spacciate o confuse per malattia, di quarantene rese obbligatorie forse in maniera eccessiva. Non sono la persona più titolata a parlare di contagi ed epidemie. Ritengo tuttavia che sia sotto gli occhi di ognuno di noi l’eccessiva fibrillazione che si avverte sulla stampa, e soprattutto in televisione, dove le opinioni di esperti e tuttologi non solo divergono ma troppo spesso sono in piena contraddizione con quanto già dagli stessi dichiarato appena poco tempo prima. Una grande paura sta dilagando dentro di noi ed influenza, ed influenzerà ancor più, i nostri comportamenti quotidiani che non necessariamente diverranno più virtuosi.
Stiamo perdendo la consapevolezza di ciò che siamo, della forza del nostro popolo e rischiamo di essere travolti da un mix di paura ed egoismo.
La magistratura deciderà sul caso di Aosta. Ma spero che terrà conto non solo che il Collega ha salvato una vita, ma che per noi medici, salvo eccezioni di cui giustamente si occupano i media e che attengono a ben altri e più gravi comportamenti, la deontologia ed il sin troppo citato giuramento di Ippocrate assumono un valore sempre più importante col passare degli anni. Molte volte mi sono trovato a ripensare al mio percorso professionale e le confesso che, a fronte di qualche delusione, mi sono chiesto chi mai “me lo ha fatto fare a fare il medico”. Eppure in piena serenità le dico che rifarei la scelta di svolgere questa splendida professione e sono sicuro che, se ci fosse un sondaggio in tal senso, la stragrande maggioranza di noi ripeterebbe la stessa scelta di vita.
Al Collega di Aosta, lui si vero Eroe, ed uso una attribuzione che io stesso ho sempre pubblicamente rifiutato quando ho ricevuto ospitalità sui media, non serve la mia solidarietà o quella di quanti hanno apprezzato il gesto.
A me basta sapere che rifarebbe ciò che ha fatto per rendere pubblica la mia ammirazione nei suoi confronti.
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