Poco più di venti giorni all’election day: come cambierà il sistema sanitario USA fra una presidenza democratica o repubblicana
Il 3 novembre non è lontano: l’Election Day per le presidenziali degli Stati Uniti d’America ormai incombe. Secondo i sondaggi, il secondo mandato di Donald Trump appare seriamente messo in discussione e il presidente uscente sembra da qualche tempo aver perso il suo smalto. La gestione dell’epidemia da coronavirus da parte del magnate newyorkese avrebbe fatto la parte del leone nell’affossare la sua popolarità che, prima del Covid-19, era sensibilmente più solida: l’aver contratto il virus, il ricovero e la cura sperimentale a base di anticorpi monoclonali hanno nelle scorse settimane monopolizzato il dibattito pubblico a stelle e strisce. Anche se, ricorda Julie Rovner, corrispondente dagli Stati Uniti per il British Medical Journal, «se si parla di salute ci sono molti altri argomenti in ballo».
Il sistema sanitario americano come magari si ricorda è stato profondamente cambiato – ma non rivoluzionato – dalla presidenza di Barack Obama con il cosiddetto Affordable Care Act o “Obamacare”, che ha creato un sistema più accessibile di assicurazione sanitaria; i programmi di sostegno sanitario alla europea, ovvero con forte finanziamento federale, sono in misura limitata – i cosiddetti programmi Medicare e Medicaid.
Se i due fronti contrapposti potessero descrivere reciprocamente le proprie posizioni, Joe Biden – senatore del Delaware e già vice di Barack Obama – direbbe che Donald Trump vuole mettere a dura prova la sopravvivenza degli americani, mentre Donald Trump, presidente uscente, direbbe che Joe Biden vuole creare un pervasivo e costosissimo sistema sanitario burocratico di stampo socialista: così, in sintesi, quanto afferma il Wall Street Journal.
Queste posizioni estreme, ovviamente caricaturali, si riflettono poi nelle concrete problematiche di policy sul tavolo del dibattito: «Il presidente Donald Trump ha messo in chiaro più volte il proprio disgusto per l’Affordable Care Act. Trump e i Repubblicani stanno correndo per riempire un seggio vacante alla Corte Suprema perché il tribunale è lì lì per audire un caso che potrebbe dichiarare nullo l’ACA. Il candidato democratico Joe Biden, d’altro canto, era il vicepresidente quando questa legge venne firmata e la vuole espandere. (…) Ma anche se Biden fosse eletto con un’ampia maggioranza al Congresso, alcune delle sue idee sono più ambiziose delle intenzioni di molti parlamentari».
Al di là delle linee politiche, ciò che potrebbe realmente cambiare le carte in tavola è in effetti la sentenza, a cui abbiamo accennato, che arriverà nella sala della Corte Suprema USA «una settimana dopo l’Election Day»: dopo il decesso della amatissima giudice di orientamento progressista Ruth Bader Ginsburg, i repubblicani stanno correndo per insediare alla corte suprema Amy Coney Barrett, «che consentirebbe ai repubblicani di avere una maggioranza di 6-3 e un’ampia possibilità che la legge venga abolita».
L’altro tema in grado di tenere banco è, ovviamente, la pandemia da coronavirus. Donald Trump ha dato mostra di avere un atteggiamento sprezzante, ondivago e antiscientifico, ma dietro questa linea d’azione un po’ polemica c’è un fondamentale rifiuto di un’azione accentrata: decidano gli stati quali politiche tenere, quali obblighi imporre ed eventualmente quali zone chiudere.
Il tutto accompagnato dall’uscita degli Stati Uniti dall’OMS, ritenuto un moloch burocratico pesantemente influenzato dalla Cina, e da un fermo rifiuto di quello che viene chiamato il «mask mandate», ovvero un potere autoritativo da parte del governo federale di costringere tutti i cittadini all’utilizzo di mascherine, come d’altronde viene ormai richiesto in diversi stati europei.
Joe Biden ha, per contro, «chiesto un mask mandate a livello nazionale, aumenti significativi nella disponibilità di test, tamponi e dispositivi di protezione individuale per professionisti della sanità e personale in prima linea, accanto all’assicurazione che le cure e i vaccini vengano efficacemente distribuiti».
Fra l’altro Joe Biden, ricorda BMJ, aveva «responsabilità di governo durante le epidemie H1N1 ed Ebola» e quindi non sarebbe la prima volta a gestire dossier così spinosi. In particolare, l’obbligo delle mascherine proposto dal candidato presidente americano comprenderebbe «mascherine di proprietà federale» e un’operazione decisa di soft power, «utilizzando il pulpito della Casa Bianca per chiedere a tutti i governatori di imporre l’uso di mascherine nei loro territori» e «promuovendo frequenti incontri alla Casa Bianca con tutti i governatori, anche se nessuno di loro si presentasse».
In effetti, fanno notare gli organi di stampa, non essendo la politica di prevenzione sanitaria una competenza del governo federale «non si capisce come Biden intenda esercitare il potere presidenziale federale su questo specifico dossier». Mentre scriviamo, intanto, negli Stati Uniti si registrano oltre 8,2 milioni di casi confermati di coronavirus, con un incremento giorno su giorno pari a 65mila unità.
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