Salute 22 Ottobre 2020 11:26

Leucemia linfoblastica acuta scomparsa nell’86% dei pazienti trattati con cellule CARCIK

Intervista a Chiara F. Magnani, prima autrice della ricerca: «In corso studi per estenderne l’applicazione ad altre patologie, come la leucemia mieloide acuta»

di Peter D'Angelo
Leucemia linfoblastica acuta scomparsa nell’86% dei pazienti trattati con cellule CARCIK

Uno studio tutto italiano ha testato la sicurezza e l’efficacia della terapia con cellule CARCIK in un gruppo di pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta. Quasi l’86% dei pazienti trattati, tra bambini e adulti, ha risposto al trattamento con una scomparsa completa del tumore. I risultati sono pubblicati dalla prestigiosa rivista scientifica The Journal of Clinical Investigation. La ricerca è stata sviluppata nei laboratori della Fondazione Tettamanti e coordinata dal Centro di emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (MBBM) con la collaborazione dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

CELLULE CARCIK E LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA, I RISULTATI DELLA RICERCA

Dopo 4 settimane dall’infusione delle cellule CARCIK, sei dei sette pazienti trattati con le dosi più alte hanno raggiunto una remissione completa, cioè una scomparsa completa del tumore documentata dall’analisi dell’aspirato midollare; inoltre, cinque di essi hanno raggiunto la negatività della malattia minima residua. Questo parametro rappresenta la piccola quantità di cellule leucemiche che può rimanere nell’organismo del paziente dopo la terapia e che con il passare del tempo potrebbe portare a una recidiva della malattia. La maggior parte dei pazienti che hanno risposto al trattamento con le cellule CARCIK era ancora in remissione dopo una media di 6 mesi dall’infusione e le cellule CARCIK ad essi somministrate si sono espanse in modo robusto e hanno mostrato di persistere nell’organismo fino a 10 mesi.

LA LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA

La leucemia linfoblastica acuta è un tumore del sangue relativamente raro, la cui incidenza è massima in età pediatrica, con un picco nella fascia 2-5 anni; tuttavia, oltre ai bambini, può colpire anche gli adolescenti e gli adulti. In Italia rappresenta circa il 10% di tutte le leucemie e colpisce ogni anno circa 600 persone, di cui 450 bambini e adolescenti fino a 14 anni. Per capire meglio la sperimentazione Sanità Informazione ha intervistato Chiara F. Magnani, prima autrice della ricerca, che da anni si occupa di immunoterapia contro il cancro.

Cosa sono le cellule CARCIK?

«Le cellule CARCIK sono linfociti T derivati da sangue periferico di un donatore sano».

Siete riusciti ad avere la remissione della leucemia linfoblastica nell’86% dei pazienti trattati attraverso le cellule CARCIK?

«Se si considera la remissione della malattia al giorno 28 dall’infusione delle CARCIK, la risposta in tutti i 13 pazienti è stata del 61.5%. Ma nei 7 pazienti che hanno ricevuto le dosi più alte di cellule che pensiamo siano quelle più efficaci, 6 su 7 ( quindi l’85.7%) hanno ottenuto risposta di remissione».

Questa malattia che evoluzione ha avuto nei pazienti prima del vostro trattamento sperimentale?

«I pazienti arruolati nello studio sono stati precedentemente sottoposti a molte linee di terapia (fino a 4-5) che includono almeno un trapianto allogenico per poi sperimentare una ricaduta franca di malattia».

Come è arrivata a questa intuizione?

«Il protocollo clinico è il frutto di quasi 10 anni di ricerca da parte dei ricercatori della Fondazione Tettamanti e dell’attiva e proficua collaborazione con i Colleghi di Bergamo. Si basa su un approccio di immunoterapia, i CAR T, che negli ultimi anni ha dato risultati sorprendenti nei tumori ematologici ed è diventato una nuova prospettiva anche per i tumori solidi. I linfociti ingegnerizzati con recettori chimerici, appunto i CAR T, sono modificati attraverso terapia genica per avere dei recettori artificiali in grado di riconoscere specificamente le cellule del tumore e promuoverne l’eliminazione. È un approccio molto potente ma ha il limite di essere molto costoso e complesso a causa dell’utilizzo di vettori virali. Inoltre sfrutta direttamente le cellule del paziente che in alcune categorie di pazienti non si espandono a sufficienza. Diversamente dagli studi condotti fino ad ora, le nostre cellule CAR-T, che chiamiamo appunto CARCIK, sono prodotte con un vettore non virale e derivano da donatori sani».

Quali erano i trattamenti prima della terapia con cellule CARCIK?

«Questa categoria di pazienti viene trattata generalmente con protocolli intensi di chemioterapia. In relazione al tipo di LLA, hanno ricevuto una seconda linea di trattamento per la ricaduta basato su chemioterapia, o utilizzo di anticorpi monoclonali per ottenere una remissione idonea per procedere al trapianto allogenico. Tutti i pazienti arruolati (sia bambini che adulti) hanno avuto ricaduta dopo il trapianto di midollo da donatore familiare ma spesso da donatore aploidentico».

La malattia è scomparsa totalmente? Questo che significa?

«La risposta alla terapia è stata completa, quindi a 28 giorni dal trattamento la malattia è scomparsa completamente. Le cellule CAR-T generate da donatori sani e con metodi non virali sono quindi in grado di esercitare un’azione anti-leucemica efficace e in grado di persistere a lungo in pazienti severamente affetti dalla malattia».

Esistono recidive?

«Questa tipologia di malattie può causare recidive ed evolvere in modo da non essere più riconosciuta. Dei 7 pazienti trattati alle alte dosi, 4 risultano vivi e in remissione alla data della pubblicazione. Due di questi pazienti sono in remissione della malattia da oltre 1 anno anno dall’infusione della CARCIK senza ulteriore intervento».

Il trattamento comporta dei rischi, ci sono state reazioni avverse?

«Le tossicità riscontrate negli studi precedenti possono essere di alta entità e si caratterizzano da sindrome di rilascio delle citochine (CRS) e neurotossicità. Nel nostro studio abbiamo registrato 3 casi di CRS, due di grado I e uno di grado II, nessun caso di neurotossicità e nessun caso di GvHD. Le cellule CARCIK sono quindi molto sicure. Questo ottimo profilo di tossicità ci ha suggerito di programmare nel prossimo studio clinico (che ha ottenuto il finanziamento del bando AIFA per la ricerca indipendente del 2018), la possibilità di una re-infusione della CARCIK quando il segnale molecolare della malattia dovesse ricomparire».

La produzione di questo trattamento con cellule CARCIK, a livello laboratoriale-industriale, è complicato?

«L’utilizzo dei vettori non-virali, che sfrutta la tecnologia trasposone Sleeping Beauty, rende la produzione e manifattura di questo trattamento più semplice e 10 volte meno cara delle produzioni che usano vettori virali».

Le cellule CARCIK possono avere altri campi di applicazione? Su altre varianti di questa malattia?

«Il profilo di alta sicurezza di queste cellule consente di ipotizzare studi futuri con dosi multiple di cellule CARCIK per rafforzare la remissione ematologica. Inoltre sono in corso studi per estendere l’applicazione ad altre patologie, come la leucemia mieloide acuta».

Replicherà il trattamento su altri pazienti?

«Lo studio è in corso e sta attualmente trattando altri pazienti. Stiamo già pensando a studi futuri che verranno attivati quando gli obiettivi di questo studio saranno conclusi».

Tra quanto diventerà il trattamento ufficiale di questa malattia?

«Lo studio in corso è uno studio sperimentale di fase 1/2 in cui si prevede il trattamento di pochi pazienti per dimostrare la sicurezza del trattamento e avere indicazioni sull’attività. A questa tipologia di studi, se raggiungono risultati promettenti, seguiranno studi in coorti di pazienti più grandi. Questo potrebbe dare accesso alle terapia con CART per i pazienti con LLA di età superiore ai 25 anni che non possono utilizzare il prodotto commerciale già registrato ma anche nei bambini o adolescenti con LLA per i quali le procedure di raccolta di preparazione del prodotto commerciale dovessero risultare inadeguate».

 

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