Russo (direttore Cardiochirurgia) «Inventato un percorso nuovo per gestire l’isolamento dei pazienti nel post-intervento»
L’Ospedale Niguarda di Milano si conferma per il decennio 2010-2020 primo centro italiano per i trapianti di cuore con una sopravvivenza a uno e cinque anni superiore alla media italiana (83,6% a un anno contro l’81,5%, e 79,3% contro la media italiana al 72,8). Un primato che ha retto anche l’urto della pandemia da Covid, grazie allo sforzo organizzativo e professionale del personale medico, come ha confermato il dottor Claudio Russo, direttore della cardiochirurgia. «A causa dell’emergenza, nella fase più critica della pandemia i posti di rianimazione cardiaca postoperatoria e gli anestesisti dedicati sono stati dirottati al trattamento dei pazienti Covid gravi» spiega Russo.
«Nel momento in cui si è verificata la disponibilità di un cuore compatibile con un ricevente in grave pericolo di vita per la sua malattia cardiaca, ci siamo inventati un nuovo percorso di cura intensiva post-trapianto: insieme ad anestesisti, chirurghi, cardiologi e con il personale della sala operatoria abbiamo allestito una piccola rianimazione nell’antisala operatoria, che ci ha permesso di accogliere il paziente immediatamente dopo il trapianto di cuore».
«Questo ha consentito al paziente di rimanere in un ambiente isolato, al riparo dal rischio infettivo; una possibilità che diventa importante nel caso di interventi cardiochirurgici con individui immunodepressi, come quelli che fanno i trapianti, particolarmente suscettibili ad infezioni. Un paziente in attesa di trapianto di cuore che dovesse contrarre il Covid non potrebbe essere trapiantato – tiene a precisare il primario cardiochirurgo del Cardio Center – perché il paziente non soltanto correrebbe un rischio maggiore per via della terapia immunosoppressiva post-operatoria, ma anche perché l’infezione da Covid esporrebbe tutti gli organi vitali, non ultimo il polmone, a complicanze post-operatorie che potrebbero compromettere in maniera irreversibile l’esito del trapianto stesso. È evidente, pertanto, che il paziente cardiopatico in attesa di trapianto debba essere cautelato ed isolato da tutte quelle che possono essere potenziali fonti di contaminazione di qualsiasi agente patogeno, batteri o virus, come il Covid».
A fronte di un gruppo di circa 100 pazienti in lista d’attesa per trapianto di cuore, ogni anno al Cardio center del Niguarda, sostenuto dalla Fondazione De Gasperis, sono una trentina coloro che riescono a trovare un organo compatibile. Numeri che potrebbero potenzialmente avere delle contrazioni qualora nei prossimi mesi dovesse aumentare l’impatto della pandemia sul processo delle donazioni.
«In questo momento il numero dei pazienti con infezione da Covid sta aumentando – ammette il direttore cardiochirurgo del Cardio Center – se fosse necessario un ulteriore dirottamento delle risorse intensive per fronteggiare la pandemia, questo in una qualche misura potrebbe avere dei riflessi negativi nel numero di donazioni e di conseguenza nel numero dei potenziali trapianti. Anche se devo dire – ribadisce Russo – che nel corso dei primi mesi di pandemia le donazioni non sono venute meno, sia pure con numero di posti ridotti in rianimazione, il che fa ben sperare per la sorte dei pazienti in attesa di trapianto. Il futuro? Siamo preparati ma l’effetto Covid potrebbe farsi sentire».
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