I risultati della fase 2. La logopedista: «I pazienti con disfagia sono riusciti rapidamente a riprendere l’alimentazione per bocca. Meno incoraggianti, invece, i risultati per coloro che non hanno contratto il virus, ma che hanno dovuto interrompere cure e percorsi riabilitativi a causa del lockdown»
«Tra i pazienti attualmente ricoverati nelle terapie intensive Covid sono state riscontrate un numero inferiore di disfagie rispetto alla fase 1 dell’emergenza, grazie ad un miglioramento degli approcci terapeutici». A dare la buona notizia è Cristina Reverberi, vice presidente e referente della disfagia in terapia intensiva Covid della Commissione d’albo dei Logopedisti, in prima linea nella riabilitazione dei pazienti che hanno contratto il virus. «L’esperienza accumulata da marzo ad oggi – continua la logopedista – ci ha consentito di elaborare delle linee guida per l’intervento logopedico all’interno delle terapie intensive Covid. Ora, possiamo fare riferimento a dei protocolli ben definiti ed utilizzare i dispositivi di protezione con maggiore dimestichezza».
E mentre ci si preparava ad affrontare logisticamente la seconda ondata, i professionisti sanitari sono stati alle prese con i percorsi riabilitativi di chi era già stato vittima del Covid-19 durante la prima fase della pandemia. «I pazienti ricoverati in terapia intensiva durante la fase più critica dell’emergenza che hanno presentato casi di disfagia – racconta Reverberi – sono riusciti rapidamente a riprendere l’alimentazione per OS (per bocca). Grazie all’aiuto delle figure professionali che hanno lavorato su aspetti collaterali alla disfagia, come i fisioterapisti respiratori, è stato facile raggiungere ottimi risultati in breve tempo. Alcuni pazienti hanno ripreso ad alimentarsi regolarmente per via orale già durante il ricovero in terapia intensiva, per altri, quelli con difficoltà di tipo cognitivo o vocale, il percorso di riabilitazione è continuato in regime ambulatoriale. Nella maggioranza dei casi, per entrambe le tipologie di pazienti, i risultati sono stati molto positivi».
Meno incoraggianti, invece, i risultati per coloro che non hanno contratto il virus, ma che hanno dovuto interrompere cure e percorsi riabilitativi durante il lockdown. «I servizi sono stati riaperti pian piano, a partire dal mese di maggio – dice la logopedista -. Alcuni ambulatori e liberi professionisti hanno ripreso la loro attività anche più tardi. Una delle principali difficoltà è stata conciliare l’uso dei presidi previsti dai protocolli di sicurezza con la nostra professione: in molti casi la voce è uno strumento di lavoro e la mascherina non ne facilita l’utilizzo. All’inizio i percorsi sono stati riattivati attraverso la teleriabilitazione e gli interventi domiciliari, laddove non fosse possibile assistere il paziente online a causa delle sue condizioni, come nei casi di autismo o disturbi di deglutizione e masticazione del bambino piccolo. Per attivare le consulenze a distanza ci siamo serviti dell’aiuto dei colleghi che lavorano all’estero, che già da tempo utilizzando la teleriabilitazione, impiegando ad esempio la televalutazione della disfagia a domicilio in pazienti fragili, come i malati di Sla che necessitano di frequenti trattamenti o follow up. Ora, però, è importante che una buona gestione dell’emergenza Covid ci permetta di non interrompere nuovamente i percorsi riabilitativi soprattutto per i pazienti in condizioni più critiche, per i quali – conclude Reverberi – un nuovo stop potrebbe trasformarsi in un danno troppo difficile da recuperare».