È uno spaccato di vita ai tempi del Covid-19 quello raccontato dall’Igienista Dentale Paola Lastella, colpita dal virus. Paola ha deciso di mettere nero su bianco i momenti difficili e spiegare le sensazioni che si provano in un reparto Covid-19. Così ha raccontato la sua storia in un diario in sette giorni in cui i ricordi di quei giorni difficili si intrecciano a sensazioni e stati d’animo
Leggi il racconto del primo giorno
Roma, 17 ottobre 2020 (secondo giorno)
La mattina provo a dire che non posso dormire in questo stato, le risposte variano dall’elusivo al titubante, mi dicono “adesso vediamo” (la brandina non mi sarà mai cambiata per 6 notti)… cerco di chiedere una coperta per imbottire un po’ il letto, ma gli infermieri spariscono nel dedalo dei corridoi del pronto soccorso, con movimenti da astronauti nelle loro gigantesche tute bianche e non tornano, dicono che le coperte non possono entrare in questo reparto perché poi le devono buttare. Finalmente un infermiere impietosito mi porta una coperta, che metto sotto la schiena per resistere in quella situazione scomoda. La notte fa freddo, il ricambio d’aria è talmente forte che si gela, abbiamo dei lenzuolini in TNT, mi metto il piumino, la sciarpa e i primi due giorni dormo vestita.
Inizia il calvario dei buchi, ad ogni cambio di turno entrano medici o infermieri, non si riconoscono, ti domandano come ti chiami, mille volte, mi chiedono se sono diabetica, dico che ho la cosiddetta “Ridotta tolleranza al glucosio”, mi classificano come diabetica, ulteriore fattore di rischio per il Covid, nel frattempo mi dicono che sono in lista per il trasferimento allo Spallanzani: mi si stringe il cuore, perché devono portarmi via? Nessuno mi dice nulla, questo è un reparto emergenza, ancora non hanno allestito il reparto di degenza, che sarà costituito da lì a pochi giorni.
Io resterò sempre su quella brandina, giorno dopo giorno. La febbre mi passa, i parametri sono discreti, la sera mi sento affaticata, ho tosse, mal di testa, ma respiro. Qui la gente arriva continuamente e viene attaccata ai respiratori, l’ossigeno, il casco, arrivano ragazzi di trent’anni, io respiro, sono fortunata, la saturazione si abbassa di poco, il rischio è la crisi respiratoria, ma sono fortunata, sto leggermente meglio, anche se mi dicono che sono sempre in lista per lo Spallanzani.
La notte mi alzo continuamente, non riesco a stare su quella brandina, mi addormento sfinita, per non più di venti minuti e mi sveglio continuamente dai dolori.
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