L’allarme di Anaao Assomed: «Grande assente il territorio. A breve salterà tutta l’assistenza non Covid»
È saltato tutto. Dal tracciamento ai percorsi sporco/pulito negli ospedali, dalle forniture di ossigeno alla separazione degli ambienti Covid/non Covid, in Campania la gestione dell’emergenza sanitaria è allo sbando. Una situazione che il sindacato medico Anaao Assomed ha in più occasioni denunciato, nella speranza di scuotere le coscienze delle istituzioni e dell’opinione pubblica per porre in essere misure più stringenti atte a frenare lo tsunami che sta travolgendo il sistema sanitario regionale.
A cinque giorni dall’entrata della Campania in “zona gialla”, il Segretario regionale Anaao Assomed Vincenzo Bencivenga traccia, ai nostri microfoni, un quadro della situazione. «Le criticità all’interno degli ospedali sono drammatiche, per un motivo molto semplice: si è perso troppo tempo. Intanto – spiega Bencivenga – c’è carenza di personale dedicato all’assistenza Covid a tutti i livelli e in special modo sulla media intensità, ma soprattutto manca in maniera molto più grave qualsiasi tipo di assistenza per l’ordinarietà. A breve si morirà soprattutto di non-Covid, perché la stragrande maggioranza degli operatori è impegnata su quel fronte. La diffusione del contagio tra il personale – aggiunge – sta poi crescendo moltissimo, questo significa che il sistema di protezione non sta funzionando».
La domanda sorge spontanea: perché la “zona gialla”, a fronte di questi numeri e di questo contesto? «La ripartizione è stata fatta in base ai cosiddetti “dati stabilizzati” – osserva Bencivenga – ma noi sappiamo benissimo che, se la situazione è degenerata, non lo ha fatto certo nel giro di qualche giorno. Gli indici di contagiosità parlavano chiaro, e la crescita è esponenziale da tempo. Quando da probabile zona arancione – rivela – siamo stati annunciati come zona gialla, non ci abbiamo capito più nulla. Gli ospedali sono allo stremo, siamo in una drammatica corsa contro il tempo per attivare posti di degenza Covid ma soprattutto per trovare personale: questa decisione ci ha lasciato francamente allibiti».
Ancora una volta, come fu nella prima ondata della scorsa primavera, la chiave di volta nella gestione dell’emergenza sarebbe dovuta essere la medicina territoriale, anello di congiunzione e filtro tra popolazione e ospedali. «Se molte persone – spiega il segretario – che potrebbero essere gestite a domicilio si riversano nei pronto soccorso, vuol dire che il territorio manca. I pronto soccorso sono ormai di fatto ambienti Covid. E perché – aggiunge – le famose tende da campo che stanno allestendo fuori dagli ospedali non sono state installate uno o due mesi fa, quando i numeri erano ancora accettabili ma era comunque chiara la situazione in cui ci saremmo trovati di lì a poco? Erano tutte decisioni da prendere in estate, non adesso, che è troppo tardi».
La richiesta del sindacato è chiara: «Se tanto personale si infetta, è importante sapere come sta effettivamente lavorando. Le norme di sicurezza sono rispettate? I DPI ci sono in forniture adeguate? Domande che sanno di déjà vu, perché sono le stesse che ci ponevamo a marzo».
Margini di recupero ce ne sono, o ci stiamo schiantando dritti contro un muro? «In tutta onestà – conclude Bencivenga – io temo che ci siamo già schiantati. Possiamo solo mettere la retromarcia, e tentare di contenere i danni».
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