Dopo l’incidente ferroviario di Andria del luglio 2016 e il terremoto del centro Italia del 24 agosto dello stesso anno, la solidarietà dei cittadini è scattata immediatamente, con le donazioni di sangue più che triplicate in pochi giorni. Comunque in caso di emergenze simili l’indicazione più appropriata è “diluire” gli afflussi secondo le indicazioni delle […]
Dopo l’incidente ferroviario di Andria del luglio 2016 e il terremoto del centro Italia del 24 agosto dello stesso anno, la solidarietà dei cittadini è scattata immediatamente, con le donazioni di sangue più che triplicate in pochi giorni. Comunque in caso di emergenze simili l’indicazione più appropriata è “diluire” gli afflussi secondo le indicazioni delle Associazioni e Federazioni dei donatori di sangue che si coordinano a loro volta con le Strutture regionali per il coordinamento delle attività trasfusionali (SRC). Di tutti gli aspetti della risposta sanitaria agli eventi catastrofici discutono oggi gli esperti al convegno Sistema sangue e Maxi-Emergenze, organizzato a Roma dal Centro Nazionale Sangue.
Il disastro ferroviario e il sisma sono stati i primi due eventi in cui è stato applicato il “Piano strategico nazionale per il supporto trasfusionale nelle maxi-emergenze” approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 7 luglio 2016, che prevede tra l’altro anche l’accantonamento di scorte di sangue da usare solo in caso di disastri.
Nei giorni successivi al terremoto del centro Italia sono state raccolte in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria oltre 10600 unità, il triplo della norma, mentre quasi 4mila sono state raccolte dopo l’incidente ferroviario in Puglia. Un afflusso notevole, spiegano gli esperti, generato soprattutto dopo alcuni appelli a donare a livello locale subito rimbalzati sui media, che però poteva essere diluito nel tempo, mentre nei giorni successivi agli eventi il piano prevede che si utilizzino appunto le scorte accantonate, oltre eventualmente ad attingere da quelle delle altre regioni.
Il rischio paventato dagli esperti, che ricordano che dopo 42 giorni le unità non si possono più utilizzare, è che una raccolta troppo grande nei giorni immediatamente successivi all’emergenza possa poi portare a uno stop a medio termine nelle donazioni.
“L’obiettivo principale di questo convegno è quello di favorire, anche mediante lo scambio reciproco di informazioni sui modelli organizzativi, una interazione e tutte le possibili sinergie tra le istituzioni, i professionisti e le Società Scientifiche nonché il mondo del volontariato del sangue: questi attori sono coinvolti, a vario titolo, nella gestione delle maxiemergenze sanitarie – spiega Giancarlo Maria Liumbruno, direttore del Centro Nazionale Sangue – Riteniamo anche strategico il contributo dei mass media nel fornire una informazione precisa ai cittadini anche quando si verificano questi eventi straordinari”.
In base al Piano strategico nazionale per il supporto trasfusionale nelle maxi-emergenze le Strutture Regionali per il Coordinamento (SRC) sono responsabili di definire una “scorta strategica” di unità di sangue che possono essere utilizzate solamente in caso di maxi-emergenze, e che deve rimanere costante. Quando si verifica un evento che rende necessario far scattare il piano viene allertato il Centro Nazionale Sangue (CNS), che gestisce, insieme alle SRC, anche gli eventuali afflussi di unità da altre regioni. Se necessario il CNS supporta le SRC per incrementare le attività di raccolta, coinvolgendo tutti i soggetti interessati, a partire dai rappresentanti nazionali delle Associazioni e Federazioni dei donatori, coordinando anche l’eventuale afflusso di unità di raccolta mobili, e, ove occorra, coordina anche la compensazione di medicinali plasmaderivati da altre Regioni e si raccorda con le Aziende fornitrici di materiale per la raccolta del sangue e di diagnostici per possibili forniture straordinarie.