I dati del 2019 sull’antibiotico-resistenza, pubblicati dall’Ecdc in occasione della giornata, mostrano percentuali più elevate nel sud ed est Europa. Resistenza alla vancomicina nell’Enterococcus faecium il dato più alto
Nuovi dati diffusi dall’Ecdc mostrano che i livelli di resistenza antimicrobica e consumo di antimicrobici nell’Unione Europea sono ancora fonte di preoccupazione. In generale, percentuali inferiori di resistenza sono state segnalate dai paesi del nord Europa, più elevate dai paesi del sud e dell’est dell’Europa. In occasione della Giornata Europea della Consapevolezza degli Antibiotici (EAAD), iniziativa sanitaria europea coordinata dall’Ecdc, la piattaforma si è arricchita di nuovi dati e viene rinnovato il supporto alle campagne nazionali sull’uso prudente degli antibiotici.
Nel 2020, inoltre, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha inaugurato la Settimana mondiale di sensibilizzazione antimicrobica tra il 18 e il 24 novembre. «La resistenza antimicrobica è una sfida globale e una priorità assoluta per l’Unione europea», ricorda Stella Kyriakides, commissario europeo per la Salute. «Mentre il mondo continua a combattere Covid-19 – prosegue – è essenziale che rimaniamo vigili e impegnati in questa lotta. Gli antibiotici devono essere usati con prudenza, con severe misure di prevenzione e controllo. Dobbiamo adottare misure per prevenire la diffusione della resistenza in tutto il mondo e per sostenere l’ambiente giusto per sviluppare nuovi antimicrobici. Dobbiamo lavorare tutti insieme per garantire che la resistenza antimicrobica non diventi la prossima catastrofe sanitaria globale».
I nuovi dati sulla resistenza antimicrobica per il 2019 dipingono uno scenario ancora preoccupante. Trenta paesi dell’Unione europea (UE) o dello Spazio economico europeo (SEE) hanno comunicato i dati per il 2019 alla rete europea di sorveglianza della resistenza antimicrobica. La specie batterica più comunemente segnalata è stata E. coli (44,2%), seguita da S. aureus (20,6%), K. pneumoniae (11,3%), E. faecalis (6,8%), P. aeruginosa (5,6%), S . pneumoniae (5,3%), E. faecium (4,5%) e specie Acinetobacter (1,7%).
Le percentuali di resistenza alla vancomicina, un antibiotico di ultima linea, nelle infezioni del flusso sanguigno da Enterococcus faecium sono quasi raddoppiate tra il 2015 e il 2019: dal 10,5% al 18,3%.
Nel 2019, più della metà degli isolati di E. coli segnalati e più di un terzo degli isolati di K. pneumoniae, erano resistenti ad almeno un gruppo antimicrobico sotto sorveglianza ed era frequente la resistenza combinata a diversi gruppi antimicrobici. Con percentuali di resistenza generalmente più elevate in K. pneumoniae rispetto a E. coli.
Così come la resistenza ai carbapenemi, un altro gruppo di antibiotici di ultima generazione, fa accendere un allarme. Diversi paesi hanno riportato percentuali di resistenza ai carbapenemi superiori al 10% per la Klebsiella polmonare. Resistenza altrettanto comune nelle specie Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter, in percentuali anche molto più elevate.
Cala invece la percentuale di isolati di Stafilococco aureo resistenti alla meticillina (MRSA), già segnalato negli anni precedenti e proseguito nel 2019. Nello stesso periodo sono state anche osservate diminuzioni della resistenza alla penicillina non selvatica e ai macrolidi in S. pneumoniae.
«Purtroppo, la resistenza antimicrobica rimane oggi una delle maggiori minacce per la salute pubblica e una sfida per l’Europa» conclude il direttore dell’Ecdc, Andrea Ammon. «Dobbiamo continuare i nostri sforzi per ridurre ulteriormente l’uso non necessario di antibiotici e migliorare le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni per ridurre significativamente la resistenza antimicrobica. La campagna digitale che l’ECDC lancia oggi è uno dei tanti passi necessari per aumentare ulteriormente la consapevolezza di questi problemi tra gli operatori sanitari e tutti gli europei in generale».
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