La giovane è una dei 20 ragazzi che hanno partecipato alla seconda edizione del Progetto Rare Sibling, realizzato dall’Osservatorio Malattie Rare: un’occasione che vede fratelli e sorelle di malati rari affrontare un percorso interiore alla scoperta di sé
Alessandra, all’età di 11 anni, non poteva capire cosa fosse la malattia di Fabry. Non poteva comprendere quei discorsi da grandi che i suoi genitori, a volte, si trovavano ad affrontare, inevitabilmente, davanti a lei. Ma il dolore di suo fratello era lì, visibile, quasi tangibile: irrompeva improvvisamente nelle sue giornate definendone ogni sfumatura.
Alessandra è una dei 20 ragazzi che hanno partecipato alla seconda edizione del Progetto Rare Sibling, realizzato dall’Osservatorio Malattie Rare. Da luglio ad ottobre, fratelli e sorelle di ragazzi affetti da malattie rare si sono riuniti virtualmente, più volte, alla presenza di una psicologa che li ha accompagnati in un percorso di consapevolezza e conoscenza di se stessi. I risultati ottenuti sono stati presentati oggi, alla vigilia della Giornata Internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra il 20 novembre di tutti gli anni.
«Rare Sibling è stato fondamentale per la mia vita – racconta Alessandra -, un’esperienza grazie alla quale ho capito chi devo essere per e con mio fratello: non un sostituto dei miei genitori, ma sua sorella». Eppure, ancora oggi, se chiedete ad Alessandra di parlare dell’effetto che la malattia ha avuto sulla sua vita riesce a parlare solo di suo fratello Salvatore, di quei crampi addominali che, a soli 5 anni, hanno cambiato per sempre la sua esistenza.
«Avevo 11 anni quando è arrivata la diagnosi della malattia di Fabry e non potevo di certo immaginare quanto questa anomalia congenita potesse cambiare la vita di tutti noi». La malattia di Fabry fa parte dell’eterogeneo gruppo delle patologie da accumulo lisosomiale. I sintomi e i segni clinici comprendono ritardato sviluppo, febbre, dolore alle mani e ai piedi o di natura neuropatica, difficoltà nel sudare, angiocheratoma, dispnea, nausea, cefalea, alterazioni oftalmologiche, cardiopatie, nefropatia fino all’insufficienza renale cronica, uremia, disturbi gastrointestinali, ictus e infarto miocardico.
Tutti effetti di una malattia subdola che, con gli anni, Alessandra ha imparato a conoscere così profondamente da condizionare la sua esistenza: «Difficilmente riesco ad immaginare me stessa senza prima pensare a mio fratello – spiega la ventitreenne -. Un filo rosso unisce due diversi io che, insieme, costituiscono la mia personalità. Da una parte ci sono la mia vita e i miei sogni. Dall’altro, la consapevolezza che quella stessa esistenza, quegli stessi progetti sono legati indissolubilmente a mio fratello Salvatore». Ed è sufficiente parlare 5 minuti con Alessandra per percepire la presenza di questo filo rosso, così teso da sembrare quasi reale, visibile: Alessandra difficilmente parla soltanto di sé. Ma lo ammette serenamente: «Non ho mai avuto un rapporto aperto con i miei coetanei. È solo da qualche anno, da quando ho cominciato l’università, che riesco ad esprimere me stessa un po’ più liberamente».
Alessandra studia ingegneria e ama viaggiare. Emergenza Covid a parte, girare il mondo è stato sempre uno dei suoi passatempo preferiti. L’Oriente ha su di lei un effetto calamita, ma quando sogna di trasferirsi stabilmente altrove, non può che pensare alle sue responsabilità di sorella ed alle cure alle quali Salvatore dovrà sottoporsi tutta la vita. E quasi come per auto-rassicurarsi dice: «Ora non ha più bisogno di andare in ospedale per sottoporsi alle terapie necessarie, le fa a domicilio e non è escluso che possa fare le sue cure in qualunque altra parte del mondo».
Ed ecco che quel filo rosso si mostra ancora una volta, in tutta la sua tensione: il senso di responsabilità da un lato e la paura di perdere la possibilità di un futuro autonomo dall’altro. Ma l’esperienza vissuta attraverso il Progetto Rare Sibling ha provato ad insegnarle anche questo: la ricerca di un equilibrio tra il restare accanto alla sua famiglia ed andare per la propria strada, verso il suo futuro.
Tante altre cose le ha imparate osservando Salvatore: «Lui è vita pura – dice descrivendo suo fratello con voce emozionata ed occhi lucidi -. Non vede la sua malattia come un danno, un difetto. Vive appieno senza sprecare nemmeno un secondo».
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