«Il peggio sembra essere passato. Tra i nuovi contagi, tanti sono asintomatici. Rispetto all’Italia c’è meno allarmismo»
Dopo il picco di fine ottobre che aveva toccato anche 25mila casi giornalieri, i dati dei contagi da Covid in Belgio si sono stabilizzati intorno alle cinquemila unità. «La situazione oggi è tranquilla. Il numero dei contagi si è stabilizzato e la maggior parte di chi risulta positivo è asintomatico. Possiamo tirare finalmente un sospiro di sollievo». Parla così Emanuele, uno dei tanti medici italiani all’estero che vive la seconda fase della battaglia contro il coronavirus sul territorio.
Medico nucleare, da sei anni vive e lavora in Belgio ma, dopo essere stato in prima linea al pronto soccorso di un ospedale a cinquanta chilometri da Bruxelles, ha scelto di dedicarsi al territorio e oggi è medico di medicina generale nella capitale fiamminga. La sensazione che si percepisce parlando con lui è di assoluta tranquillità ed infatti spiega che «da settimane tra i miei pazienti non vedo situazioni gravi e non è un caso – ammette –, infatti oggi la maggior parte di coloro che risultano positivi al Covid viene gestito a casa. Il più grave tra i miei pazienti nell’ultima settimana ha avuto tosse, dolori muscolari e qualche linea di febbre. Sintomi gestibili con il paracetamolo, a cui ho aggiunto un antibiotico a coloro che hanno manifestato qualche difficoltà respiratoria».
Sembrano essere davvero lontani i giorni in cui in Belgio si registrava il più alto tasso di letalità per Covid in Europa, anche più di Regno Unito, Italia e Francia, come ci conferma Emanuele: «Devo dire che quei valori registrati nella prima ondata non si sono ripetuti in autunno. Io ho scelto di stare sul territorio, ma i colleghi che sono ancora in prima linea in pronto soccorso mi dicono che ci sono stati alcuni momenti di sofferenza a fine ottobre, dopodiché le terapie intensive sono tornate ad un flusso normale di pazienti e anche in corsia non c’è una saturazione di posti».
«Non parliamo però di immunità di gregge – tiene a precisare – piuttosto credo che questa seconda ondata sia stata un po’ enfatizzata mentre oggi il Covid ritengo sia meno aggressivo e quindi, almeno qui in Belgio, c’è meno allarmismo rispetto all’Italia». Che il Paese sia meno stressato di altre nazioni europee, tra cui l’Italia, è percepibile anche nelle linee guida del lockdown, meno stringenti e penalizzanti della prima pandemia nonostante sia prevista la chiusura fino al prossimo 13 dicembre. «Nel Paese c’è libera circolazione, anche se ad oggi permane l’impossibilità di consumare i pasti seduti a ristoranti e bar, è ammesso però l’asporto». Le scuole sono aperte. A differenza dell’Italia, il Belgio ha scelto di non penalizzare gli studenti. «Nel momento di maggiore criticità le scuole sono rimaste chiuse due settimane – riprende Emanuele -. La prima come da calendario, la seconda per la pandemia ed è stata adottato la didattica a distanza. Ma dallo scorso lunedì sono rientrati tutti in classe perché le conseguenze di una chiusura prolungata sui ragazzi potrebbe avere effetti devastanti».
Più del Covid oggi in Belgio si temono gli effetti della solitudine da lockdown, ed allora c’è chi ha pensato ad un compagno di coccole per persone sole, il cosiddetto Knuffelcontact. Ad annunciarlo è stato nei giorni scorsi il primo ministro belga Alexander De Croo che ha spiegato ai media la necessità di evitare i contatti ad eccezione dell’unico membro ammesso in casa, ovvero il compagno di coccole. «Personalmente non ho avuto tra i miei pazienti casi di esaurimento o depressione per l’isolamento prolungato – spiega Emanuele – neppure nella prima fase del lockdown, tale per cui fosse necessario correre ai ripari, eppure nel Paese la novità della seconda pandemia è la figura del compagno di coccole». Tutti possono averlo, e chi vive solo ha diritto alla visita anche di un’altra persona oltre al knuffelcontact, ma non contemporaneamente. Ovviamente tutti rigorosamente con le protezioni del caso e tampone negativo.
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