Sardone (SIA): «Serviranno ulteriori studi che, analizzando i fenotipi uditivi, possano approfondire le casistiche di soggetti Covid-positivi affetti da ipoacusia»
Non solo gusto e olfatto: il Covid-19 potrebbe compromettere anche l’udito. È quanto emerso da uno studio inglese di recente pubblicazione che ha analizzato il caso di un paziente di 45 anni, in ospedale per infezione da Covid-19. «Esaminando un’unica storia clinica potrebbe essere considerato a bassa rilevanza scientifica – spiega Rodolfo Sardone, presidente SIA, la Società Italiana di Audiometria -. Ma la sua pubblicazione su una rivista scientifica di fama internazionale, il British Medical Journal, ne garantisce l’attendibilità».
Il paziente è stato intubato per 30 giorni e il suo ricovero è stato ulteriormente complicato da un’embolia polmonare bilaterale, ipertensione polmonare e anemia. «A sette giorni dall’estubazione – racconta Sardone – ha perso l’udito improvvisamente e bilateralmente». Il 45enne non aveva mai avuto problemi di udito, né patologie dell’orecchio. Alla valutazione degli otorini i suoi canali uditivi sono apparsi pervi, non infiammati e con membrane timpaniche intatte. Il quadro clinico ha fatto ipotizzare una perdita dell’udito neurosensoriale.
Un risultato che non ha sorpreso gli esperti del settore: «Già numerosi studi hanno associato l’ipoacusia sia alla neurodegenerazione che ad aspetti più funzionali legati all’invecchiamento, come la sindrome da fragilità», spiega il presidente SIA.
Un aspetto che Rodolfo Sardone, in qualità di dirigente analista presso l’IRCCS Saverio de Bellis di Castellana Grotte (BA), sta personalmente studiando. «Da tempo teniamo sotto stretta osservazione una coorte di 2 mila anziani, per valutarne le condizioni e le possibili correlazioni tra segni, sintomi e patologie. Tra gli studi più recenti proprio la valutazione di una possibile associazione tra il deficit uditivo e la fragilità dell’anziano, che ha confermato un legame tra le due condizioni».
Gli studiosi inglesi, dopo aver analizzato il caso del paziente 45enne, hanno ricercato altre descrizioni simili in letteratura che associassero la perdita dell’udito all’infezione da SARS-CoV-2. Sono quattro i casi finora analizzati, nessuno dei quali in Inghilterra. «Ovviamente – sottolinea Sardone – serviranno ulteriori studi che, analizzando i fenotipi non solo olfattivi e gustativi, ma anche uditivi, possano aumentare le casistiche di soggetti Covid-positivi affetti da ipoacusia».
Gli studiosi inglesi, come riportato nella pubblicazione del caso clinico del paziente 45enne, ritengono che l’udito possa essere facilmente perso all’interno della terapia intensiva, possibilità che mette a rischio di ipoacusia tutti i soggetti intubati per insufficienza respiratoria grave causata da Covid-19. «Esserne consapevoli – scrivono gli studiosi – permette di sottoporre i pazienti a screening per SSNHL (perdita dell’udito neurosensoriale a insorgenza improvvisa), così da sottoporre i soggetti a rischio ad un percorso terapeutico precoce che aumenti le possibilità di recuperare l’udito».
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