Lo studio congiunto dell’IRCCS Fondazione Bietti, in collaborazione con l’IRCCS Neuromed e la Clinica Neurologica dell’Università di Tor Vergata
I Ricercatori dell’IRCCS Fondazione Bietti, in collaborazione con l’IRCCS Neuromed e la Clinica Neurologica dell’Università di Tor Vergata, hanno evidenziato che particolari elementi retinici, le cellule bipolari, sono in grado di bloccare i processi neurodegenerativi presenti nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla.
Questo dato emerge da uno studio supportato dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Roma, coordinato dal Prof. Vincenzo Parisi, Responsabile della Neuroftalmologia dell’IRCCS Fondazione Bietti e pubblicato il 22 novembre sulla prestigiosa rivista scientifica Journal of Clinical Medicine.
«La complessa architettura retinica – si legge in una nota – può essere sintetizzata in tre classi di cellule: i fotorecettori retinici (coni e bastoncelli, che trasformano lo stimolo luminoso in stimolo elettrico), gli elementi neuronali della retina (le cellule ganglionari, i cui prolungamenti formano il nervo ottico che veicola le informazioni visive sotto forma di impulsi bioelettrici dall’occhio al cervello) e cellule bipolari che hanno il ruolo di connettere i fotorecettori alle cellule ganglionari».
«In questo studio, è stato rilevato che in pazienti con Sclerosi Multipla (88 pazienti selezionati tra settembre 2016 ed ottobre 2020 da una corte di 342 pazienti in base a specifici criteri di inclusione) i processi neurodegenerativi, che compromettono sempre le cellule ganglionari, possono arrestarsi a livello delle cellule bipolari. Infatti, dopo un evento di Neurite Ottica (un processo infiammatorio del nervo ottico che induce gravi deficit della visione e che spesso è il primo sintomo della Sclerosi Multipla) si può osservare un recupero completo della funzione visiva se è presente una integrità morfo-funzionale delle cellule bipolari pur in presenza di un deficit morfo-funzionale delle cellule ganglionari; al contrario, se si instaura una disfunzione delle cellule bipolari, il recupero della funzione visiva dopo la Neurite Ottica è molto scarso».
«L’IRCCS Fondazione Bietti – prosegue -ha effettuato svariati studi che hanno evidenziato come la valutazione morfo-funzionale della retina costituisca un ottimo modello “in vivo” per studiare i fenomeni neurodegenerativi in svariate patologie come il Glaucoma, la Sclerosi Multipla, la malattia di Alzheimer o la malattia di Parkinson.
«Nel caso della Sclerosi Multipla – conclude – la comprensione dei peculiari meccanismi sottostanti a questo ruolo di “barriera” delle cellule bipolari retiniche, può aprire importanti campi di ricerca atti a ridurre l’estensione dei processi neurodegenerativi con conseguente miglioramento delle varie forme di disabilità (visiva, motoria, sensoriale) che affliggono i pazienti affetti da tale patologia».
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