Il 2019 conferma il trend negativo degli ultimi anni: la popolazione italiana continua a invecchiare e fa sempre meno figli. Aumenta l’età delle donne al parto, mentre il numero di figli medio per donna si attesta a 1,29. Alcuni degli aspetti emersi nel corso della presentazione del Libro bianco realizzato da Fondazione Onda
Il 2019 ha registrato un nuovo record negativo: le nascite risultano decisamente inferiori ai decessi, sono 435 mila i nuovi nati contro 647 mila deceduti. Stiamo parlando di un –4,5% rispetto al 2018. La popolazione continua a invecchiare e si mettono al mondo sempre meno bambini; tre quinti di questi non avranno fratelli, cugini e zii ma solo genitori, nonni e bisnonni. Già oggi, per 100 bambini di età inferiore ai 15 anni ci sono 161 over 64 e tra vent’anni il rapporto sarà di 100 a 265.
Sono questi alcuni dei dati emersi durante la presentazione del Libro Bianco “La salute della donna – La sfida della denatalità”, realizzato da Fondazione Onda, Osservatorio Nazionale sulla salute della donna e di genere, grazie al supporto di Farmindustria – dedicato a un fenomeno complesso quanto preoccupante: la denatalità. Politici e autorevoli esperti hanno partecipato al dibattito, analizzando cause e conseguenze del crollo nascite in Italia, individuato i meccanismi che alimentano l’annoso fenomeno e i progetti e le misure a sostegno alle famiglie per contrastarlo.
L’età media delle madri al parto è arrivata a 32 anni, mentre il numero di figli per donna (il tasso di fecondità) si attesta e a 1,29. Aumenta il ricorso alla Procreazione medicalmente assistita, soprattutto tra le donne con meno di 35 anni e tra i 35 e i 39 anni, diminuisce il tasso di abortività e la percentuale di tagli cesarei, anche se resta comunque molto elevata, oltre ad essere la più alta in assoluto a livello europeo.
Il fatto di posticipare la nascita del primo figlio è una delle principali cause dell’ulteriore diminuzione della fecondità. E non è tutto. Secondo l’Istat, a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 le nascite potrebbero calare ulteriormente di oltre 10 mila unità. Uno scenario che peggiora nettamente tenendo conto delle conseguenze socioeconomiche della pandemia e il clima di disagio e incertezza che porta con sé. «Dopo il picco negli anni ’60 e il successivo appiattimento negli anni ’90, dal 2015 la popolazione italiana ha iniziato a diminuire ogni anno – ha spiegato Gian Carlo Blangiardo, Presidente ISTAT -. «Il primo semestre del 2020 traccia l’innalzamento della mortalità per Covid-19 e l’abbassamento della natalità indipendentemente dalla pandemia. A dicembre – ha precisato – avremo un calo di concepimenti per effetto del Covid-19 ed è ragionevole pensare che sarà così anche nel 2021».
«Oltre all’assegno unico per le famiglie, al congedo di paternità obbligatorio e ai fondi aggiuntivi ai comuni per ampliare i servizi per i nidi, è necessario rivedere la normativa sullo smart working – ha detto la Senatrice Paola Boldrini – un grande aiuto per prevenire il contagio ma un peso in più per le donne che già devono occuparsi dei figli e della casa. Inoltre – ha specificato – bisogna lavorare sulle politiche finalizzate al benessere e alla salute della donna».
Ridisegnare e riprogrammare un modello di società seguendo le aspirazioni e le esigenze delle donne con servizi pubblici e privati è la strada da seguire secondo la Senatrice Maria Rizzotti: «Il crollo demografico è in atto ormai da anni, da prima del Covid-19. Noi rappresentanti delle Istituzioni dobbiamo farcene carico a livello sistemico. È stato fatto poco, le donne sono penalizzate. Va potenziato il welfare aziendale come in Francia, dove hanno a disposizione asili nido e babysitter. Qui in Italia le donne sono costrette a lasciare il lavoro al primo figlio». Sono 500mila le donne che hanno perso il lavoro durante la pandemia.
Non occorrono misure spot, il problema va affrontato dai legislatori nel lungo periodo e in tutta la sua complessità: «Concordo con le politiche di conciliazione famiglia-lavoro per aiutare le donne a gestire gravidanza e figli – ha aggiunto l’Onorevole Rossana Boldi – ma per far sì che questo avvenga bisogna mettere dei pesantissimi finanziamenti. Oggi sono cambiate le priorità per le donne e senza aiuti concreti la maternità viene lasciata in fondo. Abbiamo pochi bimbi – ha spiegato – perché le donne cominciano a pensare a un figlio in età materna avanzata, ossia dopo i 30 anni e il concepimento è più complicato. Va cambiata l’impostazione della società e bisogna investire tanto, valutare aiuti economici per le giovani coppie». Dello stesso parere l’Onorevole Fabiola Bologna: «Sono una neurologa e durante gli anni di specializzazione nessuna collega si sarebbe mai sognata di avere un figlio perché eravamo pagati poco – ha raccontato – dal 2007 in poi, quando L’Italia ha recepito le normative europee e gli specializzandi vengono pagati 1800 euro al mese, c’è stato un boom delle nascite. Il benessere economico è importante».
«In poco più di 50 anni siamo passati dal baby boom degli anni ’60 al baby flop dei nostri giorni. Una questione non solo demografica, ma principalmente sociale ed economica causata dalla mancanza di politiche organiche e continuative di sostegno alla famiglia e alle donne-madri. Le coppie hanno difficoltà a lasciare la casa dei genitori, pensano ai figli solo le mamme che hanno un lavoro stabile e sicuro. Le politiche di conciliazione sono carenti e occorrono aiuti concreti alle giovani famiglie per costruire il loro futuro. Puntiamo sul sostegno della politica e sull’appoggio della scienza e trasmettiamo loro un clima culturale di fiducia, positivo e stimolante» ha aggiunto.
«Una sfida che riguarda tutto il paese – ha evidenziato Massimo Scaccabarozzi, Presidente Farmindustria –: i dati sono preoccupanti, l’aspettativa di vita sta diminuendo a causa del Covid-19, purtroppo. La questione non è solo demografica ma anche sociale e politica. È necessario abbracciare misure concrete per pari opportunità, diversity, inclusion, conciliazione vita-lavoro e sostegno della genitorialità. Occorre un welfare aziendale moderno e funzionale: permessi aggiuntivi rispetto alla legge e al CCNL, congedi e aspettative più lunghi in caso di paternità/maternità, agevolazioni di orario d’ingresso e uscita e flessibilità, utilizzo di part-time verticale e orizzontale, asili nido» ha concluso.
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