Gli obiettivi del neo presidente della Società Italiana di Cure Palliative: «Attivare la scuola di specializzazione, incrementare la ricerca e dare visibilità ai giovani colleghi»
Anche se lontani dall’affetto dei propri cari, i malati di Covid che non riescono a vincere la loro battaglia contro il virus, al pari di tutti gli altri pazienti, hanno il diritto di essere “accompagnati” verso la fine del loro viaggio. È attraverso le cure palliative, una terapia costituita non solo da farmaci, ma da un insieme di attenzioni studiate e personalizzate, che è possibile migliorare la qualità della vita di tutti questi malati in fase terminale.
«La pandemia ci ha messo a confronto con una realtà che nessuno aveva previsto: è aumentata la richiesta di cure palliative ed è cambiato il contesto in cui ci siamo trovati ad operare», racconta Gino Gobber, il nuovo presidente della Società Italiana Cure Palliative (SICP).
La rete delle terapie di fine vita ha dovuto riadattare il suo sistema organizzativo ed operativo, così come avvenuto per l’intera sanità pubblica. E lo ha fatto con successo. «La nostra rete ha finora retto al potente impatto che il Covid-19 ha avuto sul Sistema Sanitario Nazionale», assicura Gobber. Ovviamente, non senza sforzi.
«Se fino a pochi mesi fa – continua il presidente della SICP – si puntava ad organizzare un sistema in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione crescente di malati anziani in fase avanzata di malattia, ora, dobbiamo concentrarci anche sui bisogni che derivano da una malattia acuta infettiva epidemica».
Servizi e prestazioni sono state adattate a seconda dei contesti e delle situazioni in cui ci si è trovati ad operare: «Innanzitutto – spiega Gobber -, utilizzare la tecnologia e l’organizzazione dei servizi 4.0 può contribuire a generare risposte sanitarie efficaci ed efficienti. In alcune circostanze è stato necessario sostituire le visite domiciliari con contatti telefonici per garantire la sicurezza sia dei malati, che dei sanitari. In altre situazioni abbiamo utilizzato la telemedicina, organizzato riunioni di equipe in remoto e negli hospice abbiamo chiuso o limitato l’accesso ai familiari. Ottimi risultati che – aggiunge il presidente della SICP – mostrano la validità di un sistema fondato, a livello strategico, da una rete. Questa sinergia multidisciplinare è capace di reggere anche ai peggiori periodi di difficoltà, contribuendo alla resistenza generale dell’intero Sistema sanitario nazionale».
Ma le sfide per contrastare la pandemia non sono le uniche che il presidente Gino Gobber, che di recente ha sostituito Italo Penco al vertice della SICP, si troverà ad affrontare. «Il mio sarà un mandato di continuità – dice Gobber -. Porterò avanti progetti e iniziative già avviate dal precedente direttivo. Prima fra tutte la scuola di specialità che attendiamo da anni. Dovrebbe essere attivata nell’autunno del 2021, in almeno sei sedi universitarie, per un totale di circa 50 iscritti per ogni anno accademico. Inoltre, intendiamo puntare su una ricerca multidisciplinare, non solo in ambito clinico-medico, ma anche organizzativo. Contribuiremo a dare visibilità a tutti i colleghi giovani e grazie ad un censimento dei professionisti attualmente impegnati nelle reti di cure palliative faremo emergere eventuali carenze di organico. Colmarle – conclude – significherà garantire sicurezza lavorativa agli operatori e servizi sempre più efficienti ai pazienti».
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