Sorvegliato speciale il Sud, più a rischio dispersione scolastica e disagio sociale. I pareri di SIP, FIMP e dell’intergruppo parlamentare “Infanzia oltre il Covid”
Uno dei nodi maggiori nella gestione dell’emergenza Covid in Italia ha riguardato, sin dall’inizio della prima ondata, le modalità di prosecuzione dell’attività scolastica. La didattica a distanza, se da un lato ha sopperito alle necessità di completare i programmi ministeriali, dall’altro ha in brevissimo tempo evidenziato l’impossibilità di assolvere a tutti gli altri aspetti della questione, parimenti importanti: la socialità, il confronto, la condivisione. In quello che è un sottile gioco di equilibri, di bilanciamento di interessi costituzionalmente garantiti e fondamentali, quali quello all’istruzione e alla salute pubblica, si è ancora oggi in cerca di soluzioni condivise e soddisfacenti.
Di recente, in occasione della conferenza stampa di presentazione del Congresso Straordinario Digitale “La Pediatria italiana e la Pandemia da Sars-CoV-2”, la Società Italiana di Pediatria (SIP) ha sottolineato il fatto che «al 15 ottobre, gli studenti contagiati erano 5.793, lo 0,08% del totale, i docenti 1.020, cioè lo 0,13%, e il restante personale scolastico 283, cioè lo 0,14%, a testimonianza che le scuole sono luoghi sicuri”. E che a preoccupare sono invece i danni provocati dall’isolamento come ansia, disturbi del sonno, disordini alimentari».
«È urgente l’apertura delle scuole per evitare che alla crisi sanitaria ed economica se ne aggiunga una educativa e sociale dalle conseguenze pesanti per tutti i bambini. Lo Stato – dice il vicepresidente SIP Rino Agostiniani – può intervenire con ristori economici, ma non può sostituire i benefici portati dalla frequenza scolastica; un bambino di sei anni non avrà più sei anni e ciò che perde in questi mesi lo avrà perso per sempre».
Nel frattempo, in un Paese in cui il tricolore è quello delle zone in cui è diviso (rosso, giallo e arancione), ogni Regione segue la sua strada sulla didattica in presenza e a distanza, non senza ripensamenti e cambi di rotta in corso d’opera. Come la Campania, dove, in occasione della riapertura in presenza per le scuole dell’infanzia e le scuole primarie, la sezione napoletana della Federazione Italiana Medici Pediatrici (FIMP) propone un bollino per certificare le scuole sicure.
«Abbiamo visto che molti sindaci, valutate attentamente le situazioni locali, hanno comunque scelto di tener chiuse le classi – spiega Antonio D’Avino, vice presidente nazionale FIMP – e noi riteniamo che creando una semplice certificazione di qualità si possa almeno garantire che le scuole si adeguino a quegli standard di sicurezza che sono indicati nel parere emesso dal Comitato nazionale per la bioetica. Questo non renderà gli istituti “immuni” da rischi, ma almeno garantirà le famiglie e la collettività rispetto all’adozione di tutte le misure che oggi sono possibili per ridurre al minimo la diffusione del contagio. Si parte dal distanziamento fisico – prosegue D’Avino – serve un numero congruo di aule in ambienti ampi e ben aerati. Orari flessibili di ingresso per evitare un sovraccarico dei mezzi di trasporto già incongrui, mensa a turni, un numero adeguato di docenti, un protocollo sanitario per la gestione di eventuali casi di contagio a scuola. La nostra proposta è di creare una checklist che consenta sin da subito di classificare le scuole con una sorta di “bollino di sicurezza”, una patente di idoneità che possa consentire a chi di dovere di prendere decisioni guardando al caso specifico, e non alla generalità delle situazioni».
«Preoccupano, soprattutto, tutti i ragazzi delle fasce a rischio che già frequentavano poco la scuola e che rischiano di far aumentare la percentuale di abbandono scolastico. Al Sud questa quota raggiungeva prima del Covid il 18,2%, cinque punti percentuali in più rispetto alla media italiana, a sua volta più alta di molti Paesi europei» sottolinea il pediatra e componente della Commissione Affari Sociali alla Camera in una lettera aperta al quotidiano La Repubblica.
«Per questi ragazzi – continua – bisogna continuare a mettere in campo e incrementare progetti di inclusione scolastica, anche in collaborazione con il terzo settore. Sono questi i bambini che vanno seguiti, accuditi e supportati con ogni mezzo. È in queste famiglie che mancano i device e la rete di connessione a internet è spesso insufficiente. Per questo motivo – prosegue Siani – nella mozione depositata alla Camera come coordinatore insieme all’onorevole Lattanzio dell’intergruppo “Infanzia oltre il Covid”, abbiamo chiesto che, nel quadro della valorizzazione dei Patti educativi territoriali e del ruolo della comunità educante, vengano promosse iniziative come i Nuclei Educativi di Prossimità, caratterizzate da una forma di home visiting, nonché azioni che si svolgono in prossimità del luogo di residenza e vita dei minori interessati, principalmente in condizione di maggiore difficoltà familiare. Nelle situazioni di maggiore difficoltà e di rischio di dispersione scolastica – conclude – riteniamo necessario promuovere la realizzazione di presidi educativi di prossimità, dove riunire piccoli gruppi di bambini e ragazzi seguiti da un educatore, per seguire insieme la didattica a distanza, preservando così almeno una parte di socialità».
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