D’Alessio (Policlinico San Marco di Zingonia): «Dopo aver sperimentato diversi farmaci, questo, somministrato precocemente, ha dato risultati interessanti in attesa del vaccino»
Si chiama ruxolitinib ed è il farmaco che a basso dosaggio e combinato al cortisone ridurrebbe del 70% la mortalità da Covid. Ad arrivare a questa conclusione un gruppo di specialisti del Policlinico San Marco di Zingonia (Bergamo) – Gruppo San Donato – guidati dal dottor Andrea D’Alessio.
«Questo è un farmaco che si usa nei tumori ematologici nelle malattie mieloproliferative croniche, dove si ha una cattiva regolazione delle citochine che sono i mediatori delle infiammazioni che ritroviamo alte anche nella polmonite da Covid – spiega il medico raggiunto via Skype -. Questo virus ha due fasi: una prima prettamente virale, attacca l’organismo, in particolare l’epitelio respiratorio, e compaiono i primi sintomi, tosse e mancanza di fiato; non solo, attacca le cellule del sistema immunitario e le fa impazzire. Questo fa sì che perdano la capacità di regolare la risposta infiammatoria. In particolare, sono interessati i macrofagi e i linfociti T che iniziano ad avere quella che è chiamata la risposta immunitaria. Al tempo stesso producono un eccesso di citochine, chiamata anche tempesta delle citochine. Questo determina un ingrossamento dell’interstizio, il richiamo di altre cellule infiammatorie e la produzione di alcuni pneumociti. Gli alveoli si chiudono e si hanno quelle immagini radiologiche di polmoni bianchi, e dall’altro lato il danno endoteliale con la trombosi loco regionale. Poi le citochine vanno in giro per tutto il corpo e determinano il danno renale, il danno epatico, e diventa una vera e propria malattia sistemica».
Un’intuizione di D’Alessio e l’approvazione del comitato etico unico nazionale e dell’AIFA per l’utilizzo in emergenza nell’ambito delle cure compassionevoli permettono al San Marco di testare il farmaco su una casistica più ampia. È nato lo studio denominato “Low – dose ruxolitinib plus steroid in severe SARS – COV-2 penumonia” per verificare effetti del farmaco sul decorso della malattia.
«Io ero a casa malato con la polmonite e stavo cercando di guidare i miei medici per capire cosa fosse questa malattia – ricostruisce il percorso che ha portato all’utilizzo del farmaco il dottor D’Alessio -. Abbiamo provato diversi farmaci, tra cui questo che tra l’altro stava dando buoni risultati in Cina e a Livorno seppur su un numero di pazienti limitato. Allora ho chiesto alla ditta produttrice di donarcelo. È stato il primo farmaco ad essere somministrato precocemente e questo è l’altro elemento determinante per la buona riuscita della sperimentazione. Il tempo di utilizzo è fondamentale, ovvero nella fase iniziale della malattia quando la malattia non ha ancora devastato il polmone e si può bloccarla sul nascere. Ho iniziato ad usare questo farmaco ed i malati hanno iniziato a stare meglio. Questo ci ha dato coraggio. Così abbiamo ridotto la mortalità del 70%».
75 pazienti del San Marco hanno preso parte allo studio: 32 trattati con un ciclo di 10 giorni di ruxolitinib, mentre 43 trattati con terapia convenzionale. Alla conclusione i tassi di sopravvivenza erano più elevati nel gruppo ruxolitinib. Un traguardo significativo che per il dottor D’Alessio non deve però far abbassare la guardia.
«Questa malattia è evitabile se ci distanziamo e stiamo lontani – conclude il dottor D’Alessio visibilmente emozionato –. Ho vissuto la prima ondata e ora la seconda, mi auguro che non arrivi la terza e questo è possibile se tutti usiamo buon senso e coscienza. In questo momento i cinesi sono riusciti ad eliminare il virus dal loro territorio perché si sono distanziati e si sono riuniti solo nel momento in cui il virus non c’era più sul territorio. Noi anche mantenendo le attività lavorative e i negozi aperti, dobbiamo stare lontani. Poi il vaccino farà la sua parte ed allora probabilmente il 2021 sarà l’anno in cui riusciremo a vincere la battaglia, altrimenti avremo la terza ondata».
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