I dirigenti della Ausl pontina: «Il 92% dei casi può essere seguito da remoto. La telemedicina può consentire il salto di qualità»
Telemonitoraggio dei pazienti coronavirus, le regioni si attrezzano. Protocolli e linee guida sorgono in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Lazio, Toscana; le norme nazionali iniziano ad implementare le possibilità offerte dalla telemedicina. D’altronde, per quanto difficoltosa e spaventosa sia la patologia causata dal Sars-COV-2, la stragrande maggioranza dei casi, se adeguatamente monitorata, non necessita di intervento ospedaliero: e anzi è stato proprio questo il fattore che ha scatenato i principali problemi nella fase uno della pandemia, quando, per mancanza di informazioni e di pratiche adeguate, l’ospedalizzazione dei pazienti era diventata la norma.
Nel Lazio c’è un’esperienza pilota di telemonitoraggio coronavirus che lavora a pieno regime fin dalla fase uno. È la sala operativa della AUSL di Latina. Il capoluogo pontino, hanno spiegato gli incaricati del presidio territoriale alle telecamere di Sanità Informazione, ha preso in carico dal marzo 2020 circa 6500 pazienti. Per 728 è stato applicato il protocollo di telemonitoraggio e di questi, a seguito del controllo da remoto, 48 hanno avuto bisogno del ricovero in pronto soccorso.
«Il 92% dei casi Covid può essere seguito da remoto. I pazienti finiti in ospedale avevano effettivamente bisogno di andarci – ci ha spiegato il professor Salvatore di Somma, responsabile delle urgenze territoriali della Asl pontina -. Non solo. Grazie al monitoraggio costante sono arrivati in ospedale con una polmonite in fase iniziale, che è stata così trattata adeguatamente e con efficacia».
Il telemonitoraggio promosso dalla sanità locale di Latina consiste in un kit composto da telefonino e saturimetro che viene affidato al paziente positivo al Covid, che viene costantemente tenuto sotto controllo dal personale della Asl. «La telemedicina sa creare un salto di qualità nel livello di assistenza – ha spiegato Giorgio Casati, direttore generale della Ausl Latina -. C’è molta diffidenza in giro quando si parla di nuove tecnologie, c’è sempre la sensazione di incorrere in problemi medico legali e non tutte le aziende riescono a organizzare bene una centrale di monitoraggio. Ma questa esperienza ha abbattuto molte delle barriere di scetticismo, prima di tutto dal lato degli operatori ma anche dal lato della popolazione».
Anche perché, ha continuato il professor di Somma, le statistiche elaborate dalla sala di controllo parlano di un decorso migliore in fase post-coronavirus per i pazienti che hanno vissuto l’esperienza del telemonitoraggio: «Abbiamo un migliore outcome clinico, minore necessità di visite pneumologiche successive, minor ricorso al Pronto Soccorso e soprattutto un miglior stato psicofisico. È un sistema, io credo, che ha dimostrato la sua utilità».
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