La “psicopandemia” al Forum Risk Management, tra dati e proposte. Calandra (FNO TRSM): «Nella prima ondata eravamo adrenalici, ora siamo solo stremati»
Un impatto devastante e un prezzo da pagare altissimo, sia in senso sociale che economico. Gli effetti psicologici della pandemia sulla comunità sono, da qui ai prossimi dieci anni almeno, una bomba pronta a esplodere. Investire in programmi di sostegno e prevenzione, e raddrizzare una volta per tutte il tiro di un’assistenza sanitaria che relega nella “non essenzialità” la presa in carico psicologica sul territorio, si rivela oggi più che mai fondamentale. È stato questo l’imperativo categorico emerso a più voci durante la sessione del Forum Risk Management 2020 intitolata appunto “Psicopandemia: dati e proposte”.
«Le ripercussioni psicologiche della pandemia insistono in modi diversi in base al vissuto personale – osserva David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi – ma sicuramente le fasce più a rischio sono i sopravvissuti cioè i reduci dalla terapia intensiva, i contagiati in isolamento domiciliare, i parenti dei morti che non hanno potuto mettere in atto quella serie di rituali necessari per elaborare il lutto (l’ultimo saluto, il rito funebre eccetera), gli operatori sanitari in costante rischio di burnout, e in generale tutti i soggetti psicologicamente vulnerabili».
«Inoltre – aggiunge Lazzari – la pandemia ha distolto le persone dalla cura di sé: la gente non fa più i controlli di salute di routine. Tutto questo avrà un prezzo. Un prezzo che uno studio statunitense ha quantificato con precisione. La prima voce di costo in sanità nei prossimi 10 anni sarà quella legata ai disturbi psichici, e ammonterà a circa 16,3 miliardi di dollari. Le istituzioni – conclude il Presidente CNOP – non possono più girare la testa dall’altra parte e continuare a considerare sacrificabile la presa in carico psicologica. Viceversa, c’è bisogno di destinare delle specifiche risorse a questo ambito assistenziale».
«Gli effetti della pandemia si innestano spesso su un tessuto sociale già fragile, in cui la povertà domestica e relazionale sono una bomba pronta a esplodere – afferma Francesca Moccia, Vice Segretario Nazionale Cittadinanzattiva -. Per quanto riguarda ad esempio la rete dei malati cronici, a un forte bisogno di assistenza psicologica preesistente si è sommato quello che deriva dalla situazione che stiamo vivendo, amplificato dalla particolare situazione di questi pazienti e delle loro famiglie. Ma è la sanità pubblica – continua Moccia – a dover dare risposte, perché le famiglie non possono più sobbarcarsi gli oneri economici di questo. In caso contrario – conclude – se l’assistenza psicologica continuerà ad essere appannaggio di chi può permettersela, le disuguaglianze sociali dilagheranno».
«Se la prima ondata è stata un fenomeno sanitario che si è trasformato in fenomeno sociale, in questa seconda ondata sta succedendo esattamente il contrario – osserva Giovanni Leoni, Vicepresidente della Federazione degli Ordini dei Medici -. Ad oggi c’è un’Italia che lavora e che soffre, e un’altra Italia che pensa alle festività natalizie. E poi ci sono le istituzioni – continua – che dovrebbero guidare e dare un esempio virtuoso. Ma non sempre ci riescono, non finché si lasciano prevalere le ragioni economiche su quelle sanitarie. Dal punto di vista dell’impatto psicologico – conclude Leoni – sicuramente lo stress degli operatori sanitari è dovuto al vedere tanti colleghi caduti sul campo, così come assistere e curare così tante persone in un tempo così ristretto, spesso con la consapevolezza che non ce la faranno. Tutto questo è devastante».
«Tra i miei colleghi in corsia i disturbi più frequenti riguardano l’insonnia e l’ansia – afferma Giancarlo Cicolini, componente del comitato centrale FNOPI – e le carenze strutturali e di personale hanno sicuramente inciso sull’insorgere di questi disturbi. Anche perché molti neolaureati – aggiunge – per sopperire a queste carenze, sono stati subito inseriti in reparti specializzati Covid, dove sono necessarie skills specifiche non solo per quanto riguarda l’assistenza ma anche la capacità di reggere lo stress a causa dell’elevata complessità dei pazienti. Per questo credo sia necessario – conclude – investire adeguatamente su tutte le professioni sanitarie».
«Credo che la pandemia abbia inciso su due aspetti cruciali della nostra professione – sostiene Teresa Calandra, tesoriere della Federazione Nazionale Ordini TSRM – e cioè il rapporto tra noi colleghi, più solidali l’uno con l’altro, e il rapporto con i pazienti, che è diventato più empatico: inevitabile dal momento che alla loro sofferenza si sommava la solitudine. In tanti casi abbiamo dovuto sostituirci ai familiari. Trovo inoltre – continua – che l’esperienza ci abbia segnato in modo diverso nelle due ondate: a marzo-aprile ci siamo buttati anima e corpo nel lavoro, eravamo spinti dall’adrenalina. Ora continuiamo a dare il meglio di noi, ma siamo stanchi, stremati».
«A breve ci troveremo di fronte uno tsunami sociale – afferma Gianmario Gazzi, Presidente degli Assistenti Sociali -. Le strutture sanitarie e territoriali non sono in grado di reggere l’onda d’urto, dobbiamo correre ai ripari. I consultori in questo senso – continua – dovranno dare una mano, bisogna investire in interventi di salute psicologica pubblica, perché la maggior parte delle persone non potrà rivolgersi ai privati. Purtroppo – conclude – vaccini per la solitudine e la depressione non esistono».
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