L’analisi della professoressa Cascini: «Grazie alla tecnologia, la gestione della pandemia ha cambiato gli equilibri mondiali a favore della Cina»
La tecnologia fa la differenza, o meglio la farebbe, soprattutto con una pandemia in corso da affrontare. Gli italiani sono il popolo meno alfabetizzato digitalmente d’Europa, con competenze inadeguate, e questo crea una voragine tra quello che si potrebbe fare e ciò che è la realtà del sistema sanitario nazionale.
È necessario attivare un piano di comunicazione sulla sanità digitale e introdurre la digitalizzazione nei livelli essenziali di assistenza in modo che tutte le Regioni italiane possano adeguarsi uniformemente – è l’appello della responsabile del Programma di Ricerca della Fondazione Italia in Salute, Fidelia Cascini, esperta di sanità digitale, ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e specialista in Medicina Legale e in Statistica e Programmazione Sanitaria. «Con il Recovery Plan, meglio detto Next Generation – arriveranno i fondi necessari per investire in questo ambito, garantire l’innovazione del sistema e l’adeguamento. Possiamo farlo, ma il rischio di disperdere questa opportunità tra le deviazioni e gli scontri della politica è altissimo e sarebbe un’altra occasione persa».
«Nella gestione di una pandemia, la tecnologia fa la differenza. Basta guardare la Cina» continua la professoressa Cascini. Il colosso dell’Oriente ha affrontato l’emergenza Covid-19 introducendo, tra l’altro «tecnologie di posizionamento per guidare gli interventi di soccorso e la pianificazione dei trasporti, robot per spruzzare disinfettanti e testare la temperatura corporea delle persone ovunque, per preparare pasti e distribuire cibo negli ospedali, nonché droni per trasportare piccole apparecchiature mediche e i campioni biologici dei pazienti». C’è sempre una “sana via di mezzo”, ma il confronto con l’Italia è impietoso: «L’Italia è stata colta impreparata anche da una app di contact tracing che non è stata ancora connessa digitalmente con i servizi di prevenzione regionali, a supporto dei quali è stata progettata».
La Cina non è modello per tanti punti di vista, a partire dai diritti umani e civili, ma la pandemia ha messo in luce dei nuovi scenari che la vedono protagonista di nuovi equilibri mondiali. «Le fragilità recentemente emerse dell’America e l’impreparazione dell’Europa lasciano ampio spazio alla Cina. Secondo la WELT (World Economic League Table) – è la constatazione – l’abile gestione della pandemia ha migliorato la performance economica della Cina rispetto ad altri Paesi, compresi quelli occidentali come gli Stati Uniti e i Paesi dell’Unione Europea, per cui si stima che la Cina diventerà la prima economia al mondo, superando l’economia degli Stati Uniti entro il 2028, ossia con 5 anni di anticipo rispetto a quanto previsto prima della pandemia». Morgan Stanley prevede che l’economia cinese si espanderà del 9% durante il 2021 registrando la crescita maggiore di tutti gli altri Paesi del mondo (fatta eccezione per l’India che dovrebbe crescere del 9,8% entro lo stesso anno). «Del resto, una crescita economica si è registrata in Cina anche nel trascorso 2020, con un aumento del 2% nonostante la pandemia. È necessario porsi le giuste domande e fare raffronti su basi scientifiche per capire come la gestione della salute e della pandemia stia diventando l’ago della bilancia mondiale e abbia accelerato la corsa, ormai inarrestabile, della Cina».
La scienziata evidenzia i dati del rapporto della China International Development Cooperation Agency secondo cui sono stati donati materiali a più di 150 paesi e regioni del mondo. Tra questi sono inclusi forniture medico-sanitarie inviate in oltre 50 paesi africani e a 81 appartenenti alla Nuova Via della Seta. Dal 1° marzo al 31 maggio 2020, la Cina ha esportato materiali sanitari in 200 tra Paesi e regioni per un totale in soli tre mesi di: 70,6 miliardi di mascherine, 340 milioni di tute protettive, 115 milioni di occhiali, 225 milioni di test, oltre 40 milioni di termometri a infrarossi, 97 mila ventilatori e ha anche annunciato la sospensione del rimborso del debito di 77 paesi in via di sviluppo.
«Uno studio della Stanford University ha identificato parte di questi aiuti come uno sforzo della Cina di dare di sé l’immagine di un leader globale responsabile, la chiamano mask diplomacy. Parte di questa immagine è stata appositamente creata utilizzando i social media. Nel frattempo, i giornalisti e gli attivisti che denunciano vengono arrestati e torturati. Insieme a Zhang Zhan, la giornalista indipendente cinese condannata da un tribunale di Shanghai a 4 anni di carcere per aver documentato l’esordio della pandemia a Wuhan, ce ne sono almeno altri 47 attualmente detenuti per lo stesso motivo».
E intanto le vaccinazioni interne proseguono, con volumi prodotti dalle case farmaceutiche nazionali cinesi «per schermare la popolazione, rendersi pronti a un nuovo sforzo produttivo e a cavalcare un nuovo modello di sviluppo che la vedrà protagonista nei prossimi anni». Secondo la Bloomberg World Map of Vaccine Contracts, la Cina ha già coperto il 16% della sua popolazione e la sua capacità interna di produzione è stimata in 1,4 miliardi di dosi all’anno. Ne ha già somministrate 4,5 milioni. «Noi resteremo a guardare tutto questo – conclude la dottoressa Fidelia Cascini – impassibili e paralizzati da misere lotte intestine. Così, mentre i nostri politici si guardano l’ombelico, il mondo corre da tutt’altra parte, verso Oriente. Chissà che ne sarà dei nostri valori occidentali».
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