Da qualche mese è possibile effettuare i tamponi nei laboratori privati, ma la maggior parte delle strutture è stata esclusa. E ogni Regione ha stabilito il prezzo. Elisa Interlandi di CIDEC Federazione Sanità: «In un momento di pandemia bisognava decentralizzare e focalizzare l’attenzione sul paziente»
«Paghiamo le conseguenze di una politica di centralizzazione, soprattutto sul mondo delle strutture accreditate dei laboratori di analisi. È stata effettuata una svalutazione della territorialità e dei laboratori. Il Covid poteva rappresentare un’occasione di ricostituzione dei laboratori di analisi e di riqualificazione della nostra attività professionale ma così non è stato». Sono le parole di Elisa Interlandi, Presidente di CIDEC Federazione Sanità, realtà che rappresenta oltre 600 strutture laboratoriali convenzionate con il pubblico e qualificate per operare dal punto di vista libero professionale.
In questi mesi pandemici i laboratori privati hanno avuto, in effetti, vita dura. In un primo momento non potevano eseguire il tampone molecolare, né il test sierologico. Poi, mano a mano, le cose sono cambiate. E oggi i laboratori accreditati nelle varie regioni possono svolgere tamponi rapidi, test sierologici e tamponi molecolari. Tuttavia, non sono stati coinvolti nella rete di monitoraggio nazionale.
«Siamo stati poco considerati nonostante siamo i professionisti che possono dare al medico la possibilità di effettuare diagnosi: siamo le strutture e i professionisti che consentono la prevenzione – spiega Interlandi -. Non veniamo menzionati in nessun decreto e c’è solamente l’emancipazione di altri organi che invece non hanno le competenze per effettuare anche la fase analitica. Mi sono chiesta perché i professionisti che sono presenti all’interno delle strutture accreditate ad oggi siano rimasti in silenzio. Si dà troppo potere alle lobby non considerando le competenze e questo genera disinformazione».
Le prime regioni ad estendere la possibilità di effettuare test sono state la Sicilia e il Lazio. «I tamponi vengono processati da noi ma poi serve sempre la conferma da parte dei distretti, dell’Asp. Questo nonostante noi siamo sotto controllo di qualità e quindi equiparati a un vero e proprio servizio pubblico», sottolinea ancora Interlandi.
La situazione trova la sua origine in un datato provvedimento della Conferenza Stato-Regioni del 2011 che, secondo Interlandi, ha cancellato «la territorialità dei laboratori di analisi».
«Si sarebbe dovuta instaurare una sana collaborazione pubblico-privato e riportare nei laboratori non solo il punto prelievo ma anche la possibilità di processarli. Sarebbe stato più intelligente effettuare una rimodulazione di quella determinazione della Conferenza Stato-Regioni ed estendere la possibilità di esecuzione dei tamponi. Non è stato nemmeno inserito nel tariffario un importo regolato dal punto di vista ministeriale. Ogni regione fa da sé».
Sulle tariffe esistono, in effetti, consistenti differenze tra le varie realtà regionali. Secondo un’inchiesta di Altroconsumo il costo medio di un tampone molecolare varia dai 60 euro del Lazio ai 105 dell’Emilia-Romagna. Fluttuazioni complicate anche dal fatto che non sono tantissimi i centri accreditati nelle varie regioni: «La decisione della Conferenza Stato-Regioni del 2011 è stata interpretata, da gran parte delle regioni, in modo da obbligare a realizzare la fase analitica in maniera centralizzata per raggiungere le 200mila prestazioni secondo un modello hub&spoke che di fatto non modifica i costi» spiega la presidente CIDEC Federazione Sanità.
«In un momento di pandemia sarebbe stato coerente assistere a un cambio di mentalità e dire: decentralizziamo e focalizziamo l’attenzione sul paziente. Quei punti prelievo devono diventare anche fasi analitiche. Il personale addetto in un punto prelievo è preparato per questo. A carico del singolo laboratorio o punto prelievo poteva essere estesa la possibilità di eseguire la fase analitica attrezzandosi coerentemente alle leggi in essere, magari fornendo una normativa e regolamentare ciò che è importante distribuire allo stesso livello. E poi perché non è stato dato un tariffario unico anche per i tamponi?».
Sfruttare la rete territoriale dei laboratori potrebbe avere dei vantaggi a livello di salute e non solo per il problema Covid. Innanzitutto, permetterebbe a più persone di eseguire in un tempo inferiore il tampone, velocizzando la diagnosi e la risposta terapeutica. «Stiamo portando avanti una campagna di riqualificazione dei laboratori – continua Interlandi -. Noi puntiamo a costituire una rete di collaborazione professionale e arrivare a trasferire solamente i campioni che necessitano. Per arrivare a una diagnosi più velocemente vorremmo che la fase analitica nel laboratorio di base rimanesse in sede».
Interlandi pensa che i laboratori possano giocare un ruolo anche nella campagna vaccinale: «Le nostre strutture devono avere un medico competente che può eseguire il vaccino. Quindi le tempistiche sarebbero inferiori. Vorrebbero abilitare i veterinari, non capisco perché non accreditare anche le strutture sul territorio».
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