Sanità 29 Gennaio 2021 09:51

Crisi di governo, sarà ancora Speranza a guidare la sanità? Il bilancio di un mandato difficile

Con la caduta del Governo Conte bis torna in bilico anche la casella del Ministro della Salute. Abbiamo ripercorso i 500 giorni di Roberto Speranza alla guida del dicastero caratterizzati dalla più grande emergenza sanitaria degli ultimi 70 anni

Crisi di governo, sarà ancora Speranza a guidare la sanità? Il bilancio di un mandato difficile

Era il 5 settembre 2019 quando Roberto Speranza giurava al Quirinale davanti alla Costituzione e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tutti gli altri ministri lessero la formula del giuramento. Tutti tranne lui che, nonostante l’emozione, riuscì a guardare negli occhi il Capo dello Stato e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte mentre pronunciava le fatidiche parole. Cominciava così un percorso che si sarebbe rivelato più accidentato del previsto.

Ora, dopo 509 giorni di Governo Conte bis, l’esperienza di Speranza al Ministero della Salute potrebbe concludersi, anche se ancora la partita politica è tutta da giocare. Di sicuro, nessuno poteva pensare, quel 5 settembre, che il leader di Articolo Uno sarebbe stato chiamato a gestire la peggiore emergenza sanitaria dai tempi della Seconda guerra mondiale.

Speranza ha gestito questo momento storico epocale con il suo stile sobrio e asciutto: di carattere riservato, laureato in Scienze Politiche con un dottorato in Storia dell’Europa Mediterranea, nonostante la giovane età il Ministro della Salute è un politico di esperienza che dal Consiglio comunale di Potenza ha fatto molta strada. Ha scelto un profilo basso, fatto di poche polemiche e tanto lavoro. E questo gli è stato riconosciuto anche dalle opposizioni che pure non gli hanno risparmiato critiche.

Il richiamo alla Costituzione e l’abolizione del superticket

Nei primi mesi Speranza si è concentrato subito sui problemi concreti della sanità, cavalcando la linea della fine dei tagli lineari. Sempre con una stella polare: la Costituzione e il richiamo all’articolo 32 in base al quale “la Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale”.

Così nella prima Legge di Bilancio ha destinato due miliardi alla sanità e, soprattutto, ha eliminato il superticket, la quota aggiuntiva di 10 euro sul ticket per le visite mediche specialistiche e gli esami clinici (misura divenuta effettiva dal primo settembre 2020).

«Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione», fu il commento del Ministro in quella occasione.

Ancora nel 2019, l’inquilino di Lungotevere Ripa aveva portato a casa il nuovo Patto della Salute siglato insieme alle Regioni: tra le altre cose prevede maggiore budget per le assunzioni e per completare il percorso di attuazione dei nuovi LEA, oltre alla revisione del Regolamento sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.

Accompagnato dal viceministro Pierpaolo Sileri e dalla sottosegretaria Sandra Zampa, Speranza si avviava così verso una ‘navigazione’ tranquilla nel mondo della sanità, ma l’imprevisto era dietro l’angolo.

La pandemia e il lockdown

Il 2020 non comincia sotto i migliori auspici: se all’inizio le voci di una nuova epidemia di polmonite virale in Cina non destano troppo allarme, le cose cambiano a partire dal 30 gennaio quando una coppia di turisti cinesi provenienti da Wuhan si sente male in un albergo romano e viene trovata positiva al Sars-Cov-2. Speranza decide così di chiudere il traffico aereo dalla Cina, ma purtroppo le misure di contenimento non serviranno: il 21 febbraio, con il caso di Codogno, si scopre che il Covid-19 era già dilagato nel nord Italia.

A quel punto Speranza e l’intero esecutivo guidato da Giuseppe Conte scelgono di mettere al primo posto la salvaguardia della salute e l’Italia è il primo Paese occidentale a varare un severo lockdown generale, un confinamento destinato a durare due mesi. Il Ministro sceglie una linea sobria, si fa coadiuvare dal Comitato Tecnico scientifico coordinato da Agostino Miozzo, dal Consiglio Superiore di Sanità presieduto da Franco Locatelli e dall’Istituto Superiore di Sanità guidato da Silvio Brusaferro.

In televisione poche uscite mirate, volte soprattutto a spiegare e informare gli italiani. Poi l’epoca dei Dpcm e degli italiani appesi alle parole del Presidente del Consiglio Conte finisce, e alla fine le misure prese si rivelano vincenti: dopo mesi di lutti e sofferenze a giugno e luglio i contagi e le vittime per il Covid calano al minimo.

Le misure per rafforzare la sanità: Cura Italia e Decreto Rilancio

Nei mesi più difficili la priorità di Speranza è stata quella di rafforzare il Sistema sanitario messo a dura prova dallo ‘tsunami’ Covid: nel Decreto Cura Italia di marzo vengono individuate le coperture per 20 mila assunzioni; il Fondo emergenze nazionali viene incrementato complessivamente di 1,65 miliardi; lo stanziamento di risorse per gli straordinari del personale sanitario viene incrementato di 150 milioni di euro per il 2020; viene finanziato l’aumento dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità di pneumologia e malattie infettive; vengono inoltre introdotte le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) nel numero di una ogni 50mila abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.

In estate, nel Decreto Rilancio, si punta ancora a rafforzare la sanità territoriale che si è capito essere il tallone d’Achille del nostro Sistema sanitario: viene introdotto l’infermiere di famiglia in numero non superiore a 8 unità infermieristiche ogni 50mila abitanti (in tutto 9.600 infermieri); vengono potenziate le USCA con nuovi stanziamenti (61 milioni di euro) e con l’introduzione di psicologi e assistenti sociali; vengono aumentati di 4200 unità i contratti di formazione specialistica dei medici; il Fondo di solidarietà per i famigliari di vittime del Covid-19 viene esteso a tutti gli esercenti le professioni sanitarie.

La seconda ondata

In estate l’Italia sembrava pronta ad affrontare una eventuale seconda ondata di Covid con le misure varate in primavera. Alla prova dei fatti, però, le cose non sono andate come sperato: a ottobre i contagi si impennano ma il piano per l’attivazione dei posti letto aggiuntivi di terapia intensiva è applicato solo al 30% e le USCA sono attive solo in poche regioni. Speranza cade nello scivolone del libro scritto durante l’estate (dal titolo “Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute”) e che alla fine è costretto a bloccare.

A novembre si evita un nuovo lockdown generalizzato ma parte il sistema delle regioni a colori in base all’andamento epidemiologico e alla saturazione dei posti letto: giallo, arancione e rosso segnano il confine tra restrizioni e libertà.

Nell’ultima Legge di Bilancio alcune buone notizie per medici e professionisti sanitari con un incremento degli stipendi dei camici bianchi del 27% e una indennità per infermieri e operatori che però sarà erogata solo con i rinnovi contrattuali.

Ora le ultime due sfide: il piano vaccinale che procede a rilento e il Recovery Plan che prevede per la sanità 19 miliardi. Ma ancora non è dato sapere se sarà Roberto Speranza a disegnare la sanità del futuro.

 

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