Intervista alla dottoressa Maria Cristina Gori, neurologa e psicoterapeuta, docente del corso ECM “Imparare dal Covid-19: le conseguenze psicologiche da isolamento e didattica a distanza”
«Con la didattica a distanza si impara comunque, ma le lezioni non dovrebbero svolgersi come se i ragazzi fossero in classe». A mettere un punto su un dibattito che si trascina ormai da quasi un anno è Maria Cristina Gori, neurologa e psicoterapeuta, docente del corso ECM “Imparare dal Covid-19: le conseguenze psicologiche da isolamento e didattica a distanza” del provider Sanità in-Formazione.
«Didattica a distanza e didattica in presenza – specifica la dottoressa – sono due modalità completamente differenti, per cui non si può pensare di adottare la prima semplicemente trasferendo online le lezioni. Anche perché – aggiunge – a differenza degli adulti, bambini e ragazzi apprendono la digitalizzazione con uno scopo inizialmente di svago, di gioco. Quindi il passaggio all’utilizzo del computer per seguire le lezioni può non essere semplice».
Servono quindi modalità innovative, secondo la dottoressa. «Anche se so bene – precisa la Gori – quanto tutto questo abbia messo in profonda crisi gli insegnanti, catapultati in una nuova realtà senza aver potuto sviluppare competenze ad hoc».
C’è un altro aspetto legato alla Dad che preoccupa: l’assenza di socialità per bambini e adolescenti. Ma la dottoressa Gori tranquillizza: «Socialità non è sinonimo di vicinanza. La pandemia ci ha fatto scoprire che ci sono altri modi per rimanere in contatto con le persone a cui si vuole bene. La distanza fisica non corrisponde alla distanza psicologica. Oggi la grande sfida è proprio cercare modalità di socialità alternative», conclude.
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