di Avv. Marco Croce
L’obbligo formativo del professionista sanitario costituisce un vincolo normativo sin dall’istituzione della disciplina sull’ECM – Educazione Continua in Medicina.
Si è a lungo dibattuto circa le conseguenze dell’assenza di sanzioni direttamente ricollegate all’inadempimento dell’obbligo formativo.
È possibile, in proposito, fare qualche passo in avanti, in base alla progressiva introduzione degli elementi giuridici e amministrativi concernenti la configurazione dei contratti assicurativi dei professionisti sanitari, in conformità alle previsioni della legge n. 24 del 2017.
Proprio in relazione agli scenari correlati alle novità apportate dalla legge Gelli-Bianco, la vigenza e l’operatività dell’obbligo formativo risulta ulteriormente rafforzata.
Sebbene ogni obbligo di legge meriti di essere condiviso interiormente dai destinatari della norma per le sue finalità (in un’ottica, quindi, “teleologica”) la centralità dell’obbligo formativo per ogni operatore della salute si ricava oggi – tra l’altro – dalle implicazioni pratiche che un mancato aggiornamento professionale può determinare: non soltanto in ambito deontologico e disciplinare, ma anche in occasione dell’inauspicato coinvolgimento del professionista sanitario in una controversia promossa da un paziente che deduca di essere stato leso nella propria integrità psicofisica per malpractice.
Ebbene, in tale contesto, laddove un medico o altro professionista sanitario sia in grado di dimostrare che il proprio dossier formativo e il proprio aggiornamento professionale sono in linea con la disciplina sui crediti da conseguire in ciascun periodo e consentano di constatare la sua preparazione, nonché il suo costante ancoraggio ai mutamenti della “scienza ed esperienza” del tempo, sarà più agevole resistere alle pretese della parte attorea e, nel contempo, l’organo giudicante sarà più cauto nel valutare la sussistenza di una sua concreta imprudenza, negligenza o imperizia; del pari, nella medesima ipotesi sopra formulata, la compagnia assicuratrice del professionista sarà indotta a nutrire una maggiore solidarietà con il proprio assicurato.
Tutt’al contrario, l’assenza di evidenze circa il possesso di un adeguato bagaglio di conoscenze e di un percorso formativo comprovato in capo a una persona esercente un’attività sanitaria, nel contesto di una ipotetica controversia per responsabilità ai sensi della legge n. 24 del 2017, potrà generare uno squilibrio a vantaggio della persona offesa, contribuendo a rendere più complesso l’operato del difensore del sanitario medesimo.
Peraltro, amare la propria professione comporta il desiderio di conoscerla sempre di più e sempre meglio; ne discende un adempimento libero, consapevole e propositivo dello stesso obbligo formativo.
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