Secondo il report della Fondazione Gimbe i contagi tornano a stabilizzarsi. Cinque regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive. Dopo i ritardi riparte la vaccinazione, con l’arrivo di AstraZeneca.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rileva nella settimana 27 gennaio-2 febbraio 2021, rispetto alla precedente, una stabilizzazione del numero dei nuovi casi (84.652 vs 85.358). Scendono i casi attualmente positivi (437.765 vs 482.417), i ricoveri con sintomi (20.317 vs 21.355), le terapie intensive (2.214 vs 2.372) e i decessi (2.922 vs 3.265).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
«Esauriti gli effetti del Decreto Natale – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – si arresta la discesa dei nuovi casi settimanali, sostanzialmente stabili guardando al dato nazionale, mentre in diverse regioni s’intravedono i primi segnali di un’inversione di tendenza». Infatti, rispetto alla settimana precedente, in nove regioni risale l’incremento percentuale dei nuovi casi e in cinque Regioni si registra un aumento dei casi attualmente positivi per 100.000 abitanti. «Segnali – ribadisce il presidente – che invitano a tenere alta l’attenzione sulla diffusione delle nuove varianti, potenziando il sequenziamento del virus ove si rilevano incrementi anomali dei nuovi casi».
«A livello ospedaliero – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – nonostante un’ulteriore lieve discesa di ricoveri e terapie intensive, l’occupazione da parte di pazienti Covid supera in cinque regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive».
Sulla base delle decisioni prese durante l’incontro tra Governo, Regioni e Commissario per l’emergenza del 3 febbraio, le forniture previste per il primo trimestre 2021 sono le seguenti:
Complessivamente nel primo trimestre, considerando anche le 480.000 consegnate nel mese di dicembre 2020, si stima la disponibilità di 14,7 milioni di dosi (di cui già consegnate quasi 2,4 milioni) che permetterebbero di completare il ciclo vaccinale di 7,3 milioni di persone (circa 12% della popolazione). «In conseguenza degli annunciati ritardi – precisa Gili – le forniture si concentreranno nella seconda metà del primo trimestre e per la maggior parte nel mese di marzo. Senza un imponente potenziamento della macchina organizzativa, quindi, sarà impossibile somministrare tutte le dosi prima di fine aprile».
Al 3 febbraio (aggiornamento ore 14.02) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 808.306 persone (1,36% della popolazione), con marcate differenze regionali: dallo 0,80% della Calabria all’1,89% dell’Emilia-Romagna. Inoltre, negli ultimi 12 giorni, a causa dei ritardi nelle consegne, sono state somministrate quasi esclusivamente seconde dosi. Complessivamente, il 71% delle dosi sono state destinate a “operatori sanitari e sociosanitari”, il 19% a “personale non sanitario”, il 9% a “personale ed ospiti delle RSA” e l’1% a “persone di età ≥80 anni”.
«È stato chiarito – spiega Cartabellotta – che il “personale non sanitario”, ufficialmente non previsto dal Piano vaccinale, include persone che a vario titolo lavorano nelle strutture ospedaliere e sanitarie. Ma, in assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale, in questa categoria possono confluire anche soggetti al momento esclusi dalle categorie prioritarie». Peraltro, rispetto alla media nazionale del 19%, dal database ufficiale risulta una notevole variabilità regionale: dal 2% dell’Umbria al 32% di Basilicata e Lombardia. La Fondazione Gimbe, al fine di sanare eventuali incongruenze, ribadisce l’invito a regioni e Province Autonome a verificare ed eventualmente rettificare i dati trasmessi a livello centrale che alimentano la dashboard sui Report Vaccini Anti Covid-19.
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