Salute 8 Febbraio 2021 08:13

Come produrre più vaccini anti-Covid (e perché non è ipotizzabile ricorrere alla licenza obbligatoria)

Nel nostro primo appuntamento della rubrica gestita da Guido Rasi, ex direttore esecutivo Ema, parliamo della necessità di aumentare la produzione di vaccini anti-Covid. Analizzando il dilemma della licenza obbligatoria in una situazione di non monopolio

di Guido Rasi, ex Direttore Esecutivo dell'Agenzia Europea del Farmaco
Come produrre più vaccini anti-Covid (e perché non è ipotizzabile ricorrere alla licenza obbligatoria)

Tutte le nostre speranze per risolvere la pandemia sono riposte nei vaccini. L’attesa è snervante perché gli annunci continuano a susseguirsi spesso contraddicendosi. Abbiamo avuto la fase di scetticismo dettato dai tempi ritenuti troppo rapidi per lo sviluppo di un nuovo farmaco, seguita da quella dell’entusiasmo per la spettacolare efficacia delle nuove tecnologie ed ora siamo a quella dell’impazienza. La domanda fondamentale è: saranno disponibili dosi per tutti?

L’attenzione quindi ora è posta sulla produzione che sarà di dimensioni mai sperimentate, simultanea ed universale.

Vaccini, come si può aumentare la capacità produttiva?

Innanzitutto, si può naturalmente chiedere ai produttori attuali di forzare le attività nei siti produttivi esistenti. Questo già sta avvenendo e molte ditte comunicano costantemente gli aggiornamenti di dosi aggiuntive che saranno disponibili nelle varie parti del mondo.

Ad esempio, agli inizi di gennaio la Commissione Europea ha chiesto a Pfizer di aumentare la capacità produttiva da 1,3 a 2 miliardi di dosi del vaccino basato su tecnologia a mRNA co-sviluppato con BioNTech nello stabilimento di Puurs in Belgio. Questo è stato ritenuto possibile a fronte di un piccolo ritardo nelle consegne programmate ai vari Stati, ritardo dovuto all’adeguamento delle linee produttive. L’insignificante ritardo nelle consegne ha creato reazioni sproporzionate trascurando la buona notizia dell’aumentata produzione. L’emotività legata all’aspettativa del vaccino, quale soluzione rapida di tutti i problemi, è prevalsa sulla valutazione razionale della situazione.

Aumentare la capacità di produzione è dunque possibile, sia aumentando la capacità di un singolo stabilimento che utilizzando più siti produttivi o creandone di nuovi.

Se questo non fosse nelle possibilità o nelle intenzioni del produttore si è ipotizzato di sospendere i brevetti o imporre licenze obbligatorie per garantirne la produzione.

La produzione di farmaci e la licenza obbligatoria

In passato l’imposizione di licenza obbligatoria è stata paventata per i farmaci antivirali per l’infezione da HIV/AIDS (Combivir – GlaxoSmithKline) e per la cura dell’epatite da virus C (Sovaldi – Gilead) promossa dai paesi che avevano una alta prevalenza delle malattie ma scarsa accessibilità per via dei costi elevati.

La pressione ha sortito qualche effetto di mitigazione dei prezzi ed ha garantito l’accesso gratuito a fasce di popolazione. Nel caso del Sovaldi il brevetto è stato sospeso in Cina. In questi casi le case farmaceutiche, agendo in situazione di monopolio, mostrarono una scarsa lungimiranza, guidati dalla logica commerciale e di profitto portata agli estremi e minando la loro credibilità di fronte all’opinione pubblica mondiale.

Da https://vac-lshtm.shinyapps.io/ncov_vaccine_landscape/

I vaccini anti-Covid e la licenza obbligatoria

La UE sta valutando la strada della licenza obbligatoria che può essere concessa in una situazione di emergenza, consentendo quindi a terzi la possibilità di produrre un prodotto brevettato senza il consenso del proprietario. Le autorità nazionali possono richiedere l’utilizzo di tali licenze in base alla flessibilità prevista nel campo della tutela dei brevetti inclusa nell’accordo sulla proprietà intellettuale (Trips, Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights) dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Le autorità regolatorie (EMA, AIFA, FDA) non hanno autorità su queste licenze ma saranno chiamate a certificare la qualità degli eventuali manufatti.

La situazione attuale della produzione dei vaccini presenta però alcune caratteristiche che vanno considerate per capire se queste misure siano applicabili e possano essere risolutive. La prima considerazione è che qui non siamo in una situazione di monopolio. Oltre 214 vaccini in sviluppo, 67 in sperimentazione nell’uomo di cui 3 attualmente approvati in Europa, due negli Stati Uniti ed altri 4 già in uso anche se con dati di efficacia e sicurezza non certificati secondo gli standard EU/US.

I vaccini attualmente in uso o sviluppo si basano su diverse tecnologie. Alcune assolutamente innovative e complesse, altre ugualmente complesse ma già utilizzate e altre più tradizionali ma meno complesse. In ogni caso non si tratta di semplice produzione di compresse o di cosiddette “piccole molecole”.

Le difficoltà

La tecnologia che oggi ha dato i risultati migliori e che consente i maggiori volumi di produzione è quella a mRNA. Questa consente anche una rapida modifica del target del vaccino. Caratteristica che sarà vincente in futuro per produrre nuovi vaccini o per modificare rapidamente gli attuali al fine di gestire le varianti del virus che non rispondessero più. Ma questa è anche la tecnologia più complessa. Un nuovo sito produttivo richiede sostanziali investimenti per riconvertire la tecnologia, ad esempio i bio-reattori che sono specifici per ciascun vaccino, oltre il trasferimento del know-how da parte del proprietario e la formazione delle nuove maestranze. Tutto questo sarà molto difficile da realizzare senza un pieno accordo con il proprietario.

Le cose sono in realtà ancora più complesse perché, ad esempio, le tecnologie a mRNA o con vettore virale sono il risultato di integrazioni di diverse tecnologie che creano una forte interdipendenza tra più licenze di brevetti. I tempi necessari per questi trasferimenti e adattamenti tecnologici possono essere considerati per sviluppi futuri, ma sicuramente non sono ipotizzabili per la gestione dell’attuale pandemia.

Da https://lab.gedidigital.it/gedi-visual/2021/covid-19-come-funzionano-i-vaccini/

Le alternative possibili

Più razionali appaiono quindi altri approcci quali l’iniziativa COVAX creata dall’unione tra l’OMS, la “Global Alliance Vaccination and Immunization (GAVI)” e la “Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI)” che ha catalizzato la raccolta di risorse con un’alleanza tra oltre 180 paesi con l’intento di accelerare lo sviluppo e garantire l’accesso equo ai nuovi vaccini, erogati gratuitamente ai paesi a basso reddito. Questo risolve alcuni problemi ma non garantisce né una produzione sufficiente su scala mondiale né una distribuzione efficiente ed universale.

Un altro approccio sarebbe quello di razionalizzare la fase produttiva. Sono già in atto accordi commerciali spontanei tra i vari produttori. Ad esempio, BioNTech e Sanofi si sono accordati per supportare le ultime fasi produttive di 125 milioni di dosi considerando che il vaccino di Sanofi arriverà forse a fine 2021. Altri accordi si profilano tra Bayer per produrre il vaccino sviluppato da CureVac mentre Moderna è in trattativa con Novartis per “infialare” il suo vaccino. Innumerevoli altre iniziative vengono annunciate quotidianamente.

Innovativo sembra anche l’approccio di Moderna che rinuncerebbe ad ogni azione legale durante la pandemia riservandosi poi di negoziare il riconoscimento dei propri brevetti trattando un accordo di licenza. É tuttavia improbabile che qualcuno riesca a produrre un vaccino a mRna in tempi brevi senza il loro sostanziale supporto.

La Commissione Europea ha auspicato un pooling di tutte le risorse per aumentare le capacità produttive e l’ulteriore auspicio è che i singoli Stati supportino la razionalizzazione della produzione, mappando le realtà esistenti e catalizzando accordi di contoterzisti o, dove possibile, favorendo riconversioni tecnologiche a maggiore valore aggiunto.

 

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