AlmaLaurea presenta la nuova indagine statistica che ha analizzato 18.249 laureati di primo livello del 2018, afferenti ai corsi di laurea delle 22 professioni sanitarie, a un anno dal conseguimento del titolo. Il report
Indagare gli esiti occupazionali in termini di retribuzioni mensili nette dei laureati nelle professioni sanitarie, inseriti nel mercato del lavoro, è l’obiettivo del report di AlmaLaurea.
L’analisi ha riguardato 18.249 laureati di primo livello del 2018, afferenti ai corsi di laurea delle 22 professioni sanitarie, contattati nel 2019 a un anno dal conseguimento del titolo.
Dall’indagine è emerso che, a differenza degli altri percorsi di laurea triennali, caratterizzati da una quota elevata di quanti proseguono con la formazione universitaria, per le professioni sanitarie il proseguimento naturale è il mercato del lavoro.
«Si tratta – si legge nella nota di AlmaLaurea – di lauree altamente professionalizzanti che si differenziano dal complesso dei laureati triennali per la spendibilità del titolo e la posizione privilegiata che assumono nell’immediato inserimento nel mercato del lavoro. L’87,8% decide, al termine del percorso triennale, di non iscriversi ad un altro corso di laurea (è solo il 34,9% per il complesso dei laureati di primo livello): tale quota supera il 90% per i laureati del corso in Infermieristica, per quelli in Tecniche Audioprotesiche e per quelli in Igiene Dentale».
Il tema del nuovo focus di AlmaLaurea, presentato in occasione della Giornata mondiale del malato celebrata ogni anno l’11 febbraio, è quanto mai attuale vista la situazione emergenziale, dovuta alla crisi pandemica, che ha avuto un impatto rilevante in primis sul settore della sanità. «I risultati sono analizzati per genere – prosegue- per ripartizione geografica di lavoro, distintamente per le 22 professioni sanitarie».
«Il focus mostra che nel 2019 – continua AlmaLaurea – a un anno dal conseguimento del titolo, la retribuzione mensile netta dei laureati nelle professioni sanitarie del 2018 è pari, in media, a 1.313 euro. Valore che segna un + 3,7% rispetto alla rilevazione dello scorso anno. Tuttavia, i segnali di miglioramento evidenziati negli anni più recenti non sono ancora in grado di colmare la perdita retributiva registrata nel periodo più buio della crisi economica. La maggiore retribuzione media mensile del 2019 si osserva nel corso in Igiene Dentale (1.608 euro). A incidere sulle differenze retributive è, tra i vari fattori, anche la diffusione di attività a tempo parziale. A livello complessivo, a un anno dalla laurea, il 27,1% dei laureati nelle professioni sanitarie del 2018 lavora part-time (26,6% per il complesso dei laureati di primo livello)».
Quanto alle differenze retributive di genere, i corsi a vocazione femminile nelle professioni sanitarie sono quelli in Ostetricia, Infermieristica Pediatrica, Logopedia e Terapia della Neuropsicomotricità dell’Età evolutiva. Nonostante questo, si evidenziano differenziali retributivi quasi sempre a favore degli uomini. A livello complessivo, infatti, la retribuzione mensile netta è pari, in media, a 1.387 euro per gli uomini e 1.283 euro per le donne (+8,1% a favore dei primi). Tale differenziale è però nettamente inferiore rispetto a quanto rilevato sul complesso dei laureati di primo livello: gli uomini percepiscono il 18,0% in più delle donne (1.334 e 1.131 euro, rispettivamente). Anche a livello di genere incide, almeno in parte, la diffusione del lavoro part-time che coinvolge, complessivamente, il 28,6% delle donne rispetto al 23,6% degli uomini dei corsi nelle professioni sanitarie (rispettivamente 32,0% e 18,3% per il complesso dei laureati triennali).
In relazione alla differenza retributiva ci sono differenze anche territoriali: «La retribuzione mensile netta nelle professioni sanitarie – nel 2019 a un anno dalla laurea – è più elevata per coloro che lavorano al Nord: percepiscono infatti, in media, 1.387 euro rispetto ai 1.154 euro di quelli del Sud (+20,1%). Coloro che lavorano all’estero percepiscono, invece, una retribuzione nettamente superiore, pari a 1.763 euro».
Riassumendo, il report evidenzia che «un effetto determinante sui differenziali retributivi dei laureati è dato, innanzitutto, dai diversi corsi di laurea afferenti alle professioni sanitarie. Si confermano significative le differenze di genere: il modello stima, infatti, che, a parità di condizioni, gli uomini percepiscono in media, a un anno dalla laurea, 76 euro netti in più al mese. In termini territoriali, rispetto a chi è occupato al Sud, chi lavora al Nord percepisce, in media, 172 euro mensili netti in più, mentre chi lavora al Centro 67 euro in più».
«Passando ad analizzare le caratteristiche specifiche del lavoro – conclude AlmaLaurea – sempre a parità di altre condizioni, le differenze retributive in funzione della diffusione di attività a tempo pieno e parziale: il modello stima che gli occupati che lavorano a tempo pieno percepiscono quasi 200 euro mensili netti in più rispetto a quanti lavorano part-time. In più, a parità di ogni altra condizione, rispetto al settore privato, al pubblico impiego corrisponde un vantaggio retributivo stimato pari a 92 euro. Infine, chi ritiene di utilizzare nel proprio lavoro le competenze acquisite “in misura elevata” percepisce 174 euro in più rispetto a chi ritiene di non utilizzare per niente tali competenze».
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