Antivirali, antitrombotici, antibiotici e cortisone: facciamo chiarezza con gli esperti della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) ed il dirigente medico in Medicina Interna presso l’AORN Cardarelli di Napoli Rodolfo Nasti
Cortisone, antibiotici, eparina. Una triade di farmaci con cui, volenti o nolenti, dopo un anno di pandemia abbiamo acquisito una certa familiarità, trattandosi del cocktail più frequentemente prescritto per la gestione a domicilio del Covid. Eppure, la leggerezza con cui i farmaci cortisonici sono stati fino ad oggi somministrati in prima battuta ai pazienti paucisintomatici è finita nell’occhio del ciclone, a causa dei dimostrati effetti collaterali che in molti casi peggiorano addirittura la prognosi. Inoltre, è ancora aperta la disputa circa l’utilizzo degli antivirali, e anche sulle fasi e le condizioni in cui iniziare una terapia antibiotica e la somministrazione di eparina. Insieme agli esperti della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale) e al dirigente medico in Medicina Interna presso l’AORN Cardarelli di Napoli Rodolfo Nasti, abbiamo fatto il punto sui nuovi sviluppi relativi alla terapia domiciliare anti-Covid.
«Partiamo da un dato essenziale – esordisce Nasti – e cioè che il cortisone non è un farmaco in grado di modificare l’evoluzione naturale della malattia, bensì solo di alleviare la sintomatologia polmonare in caso di iper-infiammazione. Sull’utilizzo dei farmaci steroidei (e quindi del cortisone) nella terapia anti-Covid va quindi fatto un importante distinguo tra i pazienti che arrivano in ospedale con una sintomatologia importante e coloro i quali essendo paucisintomatici vengono trattati a domicilio. Nel primo caso – spiega – quando quindi è già presente un quadro clinico abbastanza critico, l’utilizzo di farmaci steroidei arreca sicuramente beneficio. Nel secondo caso invece, il rapporto rischio-beneficio rischia di sovvertirsi».
«Essendo un antinfiammatorio steroideo, infatti – prosegue il medico internista – il cortisone ha una serie di effetti sistemici sull’organismo dal punto di vista endocrino-metabolico, quindi un aumento dell’insulino-resistenza con possibile sviluppo di diabete metasteroideo, ma anche il rischio di rash cutaneo e ipertensione arteriosa, o anche di squilibri elettrolitici. Ma soprattutto – aggiunge Nasti – il cortisone comporta una immunosoppressione che favorisce da un lato lo sviluppo delle cosiddette infezioni opportunistiche, e dall’altro la stessa replicazione virale, che è esattamente l’effetto che vogliamo evitare nella prima fase (paucisintomatica) e ottenere nella fase critica, durante la “tempesta citochinica” dovuta appunto a una iperattivazione del sistema immunitario».
«La somministrazione di terapia antivirale non è raccomandata a domicilio – affermano i medici della SIMG -. L’unico antivirale per il quale esistono alcune prove di efficacia contro Covid-19 è Remdesivir, indicato per i pazienti Covid con polmonite che ricevono ossigeno, esclusi i pazienti che necessitano di ossigeno ad alto flusso o ventilazione meccanica non invasiva o ventilazione meccanica o ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO). Remdesevir – osserva ancora la SIMG nel suo documento contenente le indicazioni per la terapia domiciliare anti-Covid – non è quindi adatto per l’assistenza domiciliare e deve essere riservato ai pazienti ospedalizzati con coinvolgimento polmonare che sono però ancora nella fase iniziale della malattia».
«Il Covid è una malattia particolarmente debilitante anche per i pazienti con sintomi lievi – osserva la SIMG nelle sue linee guida -. Pertanto, i pazienti sono spesso costretti a letto per diverse settimane, con un rischio maggiore di eventi tromboembolici. L’eparina può proteggere l’endotelio, probabilmente riducendo il livello dei biomarcatori infiammatori, e può prevenire la disfunzione polmonare micro e macrocircolatoria e possibilmente limitare il danno d’organo. Pertanto – si legge nel documento SIMG – i pazienti Covid costretti a letto con sintomi respiratori acuti potrebbero essere trattati con eparina a basso peso molecolare, nella corretta posologia».
«L’azitromicina, l’antibiotico più comunemente prescritto per la terapia domiciliare anti-Covid, ha sicuramente un effetto immunomodulatorio – spiega il dottor Nasti dell’Ospedale Cardarelli di Napoli -, oltre ad essere efficace contro le infezioni opportunistiche. Il suo uso è quindi indicato laddove ci sia un forte sospetto di sovrainfezione batterica durante il corso del Covid-19. Viceversa – conclude l’internista – una somministrazione indiscriminata e per periodi di tempo superiori a quelli prescritti (che nel caso dell’azitromicina è di quindici giorni) non solo è inefficace, ma può esporre il paziente a rischi maggiori».
«Il paracetamolo è suggerito come una scelta sicura e raccomandabile per la gestione precoce e domiciliare dello stato febbrile nei pazienti Covid – osserva infine la Società Italiana di Medicina Generale – mentre i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), inclusi l’acido acetilsalicilico e l’ibuprofene, nella posologia raccomandata, sono risultati efficaci nel trattamento della sindrome simil-influenzale correlata al Covid, ed inoltre dimostrano un potenziale beneficio nel contrastare la tempesta citochinica proinfiammatoria generata dall’infezione, con conseguente riduzione del rischio di peggioramento delle manifestazioni respiratorie».
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