Nutri e Previeni 2 Agosto 2016 12:15

Obesità infantile: danni al fegato da cibo spazzatura e zuccheri raffinati

Obesità infantile: danni al fegato da cibo spazzatura e zuccheri raffinati

obesità infantileSecondo una ricerca della Fondazione italiana fegato (Fif) condotta nei laboratori dell’Area Science Park di Trieste, e pubblicata sulla rivista Plos One, che analizza la cattiva alimentazione e le conseguenze patologiche dell’obesità infantile, l’obesità nei bambini mette a rischio soprattutto il fegato. Con una dieta a base di junk food – il cibo spazzatura – e di zuccheri raffinati è infatti in agguato l’insorgenza della sindrome metabolica, con le relative implicazioni a carico di quest’organo, che non è più in grado di smaltire l’eccesso di grasso.

Studio sui topi
Lo studio, iniziato su roditori, ha consentito di  sviluppare un modello che riproduce l’insorgenza della sindrome metabolica in età infantile con le sue implicazioni a carico del fegato, le cui cellule a un certo punto non sono più in grado di smaltire l’eccesso di grasso. Il risultato è il manifestarsi della steatosi epatica non alcolica (Nafld) e della steatoepatite non alcolica (Nash). I ricercatori della Fif hanno riscontrato che nell’età pediatrica la progressione della malattia è più veloce, con prognosi generalmente più grave rispetto agli adulti. E’ inoltre emersa una differenza di genere nella velocità di sviluppo della malattia, che vede nei maschi di topo una progressione più rapida nella fase iniziale, anche se il danno finale risulta equivalente tra maschi e femmine.

Più in dettaglio, lo studio consisteva nell’alimentare sei topi con una dieta ad alta percentuale di grassi e aggiunta di fruttosio nell’acqua, cominciata subito dopo lo svezzamento (tre anni umani) e proseguita per 16 settimane, fino all’età adulta (30 anni umani). Il 100% dei soggetti di entrambi i sessi ha sviluppato la steatosi epatica in quattro settimane e un certo grado di fibrosi (“cicatrici” nel fegato) in otto settimane, con l’86% dei maschi e il 15% delle femmine con fibrosi di stadio 2 (il “punto di non ritorno”) in sedici settimane.

“Considerando che l’obesità infantile è in esplosione anche da noi – commenta Claudio Tiribelli, direttore della Fif e tra gli autori dell’articolo – e che il danno al fegato da sindrome metabolica diventerà nei prossimi anni la principale causa di trapianto, il modello sarà un’ottima piattaforma per studiare i meccanismi che portano al danno, capire le differenze maschio/femmina e testare farmaci e nuovi approcci diagnostici”.

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