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Disturbo bipolare: caratteristiche, manifestazioni e terapie

Il disturbo bipolare è una problematica seria e invalidante. Si può curare, se si accetta di essere malati

Il disturbo bipolare comprende una serie di segni e sintomi la cui caratteristica principale è rappresentata da cambiamenti del tono dell’umore in senso patologico. Abbiamo approfondito l’argomento con Silvia Riccardi, Psicologa Psicoterapeuta, Dirigente Psicologa UOSD Psicologia Ospedaliera ASL Roma1, iscritta all’Albo Psicologi del Lazio.

Disturbo bipolare: cos’è?

«Oscillazioni fisiologiche del tono dell’umore, tra gli estremi della tristezza e della gioia, sono esperienze comuni e quotidiane, in genere scatenate da agenti esterni» spiega la psicologa. «I cambiamenti dell’umore diventano patologici e problematici: sono imprevedibili, incontrollabili, prolungati, estremi, eccessivi. Compromettono il funzionamento giornaliero sconvolgono il modo di vivere causando problemi significativi in colui che ne soffre e alle persone vicine».

Quali sono i sintomi del disturbo bipolare?

«L’alternarsi, con evidente cambiamento del funzionamento dell’individuo, di due periodi, due “episodi”:

  • un periodo in cui l’umore è costantemente elevato, irritabile, espanso, con minore bisogno di sonno. È caratterizzato da logorrea, euforia immotivata, facile distraibilità, accelerazione ideica, tendenza al coinvolgimento in attività quali ad esempio spese eccessive o guida spericolata, fino alla franca psicosi.
  • un altro in cui c’è un umore depresso, forte diminuzione di interesse e piacere per le attività quotidiane, perdita o aumento di peso, insonnia o forte sonnolenza per quasi tutto il giorno».

Le cause: il rischio aumenta con il grado di parentela

Il quadro di sintomi sopradescritti può manifestarsi non solo in un disturbo bipolare, ma anche per ragioni legate ad uso di sostanze stupefacenti, ad alcuni farmaci. «Le cause “naturali” di un disturbo bipolare non sono note – ammette la psicologa -. Noto il rischio dieci volte maggiore di incorrere nella sindrome in chi ha parenti affetti dallo stesso disturbo. Il rischio aumenta con il grado di parentela.

Cosa scatena il disturbo bipolare?

«Non sono state riconosciute precise cause scatenanti – spiega la psicologa -. Spesso eventi di vita stressanti, utilizzo di sostanze, precipitano quadri in cui ci sono già caratteristiche sottosoglia».

Esiste un test per diagnosticare il disturbo bipolare?

«Sono molti i test che possono mettere in evidenza il disturbo – aggiunge Silvia Riccardi – ma sono un ausilio per lo specialista e non vanno considerati dirimenti. La Internal State Scale (ISS) è un facile e rapido test di autovalutazione dei sintomi depressivi e maniacali del disturbo bipolare. Si articola su quattro subscale (Attivazione, Conflittualità percepita, Benessere e Depressione). Il sedicesimo item è una scala globale di bipolarità. La ISS indaga la sintomatologia delle ultime 24 ore. La valutazione della gravità degli aspetti maniacali – sottolinea la dottoressa – può essere indagata con una breve scala di autovalutazione: Altman Self-Rating Mania Scale – ASRM».

Come si cura? Quanto tempo occorre per uscire dal tunnel?

«Si può guarire solo quando si accetta di essere malati – precisa l’esperta – perché solo le cure farmacologiche possono rendere veramente liberi i pazienti».

Come si cura il disturbo bipolare? Quanto tempo occorre per uscire dal tunnel?

Il lavoro dello psicologo è quello di «accompagnare il paziente al riconoscimento e all’accettazione del “problema per una consapevolezza che permetta di mettere la malattia “tra parentesi” affinché non sia il centro della propria vita».

«Ulteriori interventi psicoterapeutici di dimostrata efficacia, riguardano quei percorsi di cura integrati – evidenzia la psicologa- che coinvolgono le équipe dei centri specialistici territoriali, i pazienti e le loro famiglie. Questi progetti terapeutici integrati (P.T.I), prevedono una équipe multidisciplinare e interventi condivisi con il paziente, a vare intensità di trattamento. Le famiglie sono un’importante risorsa e vanno coinvolte nel trattamento affinché conoscano la malattia e possano migliorare le loro modalità di comunicazione con il congiunto» conclude Silvia Riccardi.

 

 

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