La Rete AMORe (Alleanza Mediterranea Oncologia in Rete) torna a riunirsi per tracciare un bilancio delle attività a un anno dall’emergenza Covid. A confronto le competenze scientifiche, cliniche e di ricerca dei rispettivi poli oncologici delle tre regioni
Durante la pandemia l’Istituto Pascale di Napoli ha incrementato le attività del 25 per cento e anche la ricerca è cresciuta con un significativo aumento delle pubblicazioni su riviste a impact factor: «Il primo dato che emerge dall’analisi di un anno di attività – avverte Attilio Bianchi, direttore generale dell’Istituto Pascale, polo di riferimento oncologico in Campania – è che nonostante la pandemia non ci siamo mai fermati e anzi abbiamo incrementato, qui a Napoli, di circa il 20-25 per cento, nel 2020 rispetto al 2019, le attività sia di ricovero sia diagnostiche investendo anche nel cuore della città con la inaugurazione, all’Ascalesi, di importanti attività ambulatoriali e diagnostiche».
Freno alla migrazione sanitaria – anche in ragione della difficoltà a spostarsi verso il Nord e della paura di contagi – scoperta, da parte di molti pazienti, di una offerta di cura adeguata nella propria regione o in quelle confinanti, scambi di informazioni scientifiche e cliniche in un’ottica di rete che parte dai gruppi oncologici multidisciplinari attivi nelle singole regioni, progressiva omogeneizzazione delle cure, capillarità dell’informazione, accesso alle terapie più innovative e alle sperimentazioni cliniche. E ancora formazione per medici e personale sanitario, utilizzo sistematico della tipizzazione citogenetica e biomolecolare del tumore nella routine di trattamento per la personalizzazione delle cure e l’ottimizzazione dei risultati, integrazione tra cure ospedaliere e medicina del territorio con l’avvio di accordi a Napoli con i Medici di medicina generale e l’offerta delle Asl che trova riscontro in progetti e iniziative analoghe anche nelle altre regioni coinvolte nelle rete, i principali obiettivi raggiunti.
Sono questi i temi affrontati in un confronto web che si è tenuto nei giorni scorsi – promosso con il contributo non condizionante di Takeda – con le reti oncologiche di Campania, Puglia e Basilicata. La Rete AMORe (Alleanza Mediterranea Oncologia in Rete) costituita tre anni fa per iniziativa del Pascale di Napoli, torna a riunirsi per tracciare un bilancio delle attività a un anno dall’emergenza Covid. A confronto le competenze scientifiche, cliniche e di ricerca dei rispettivi poli oncologici delle tre regioni, (Pascale di Napoli, Crob di Rionero in Vulture in provincia di Potenza e San Giovanni Paolo II di Bari). Fari puntati soprattutto sull’innovazione in oncologia medica e specificamente nel trattamento del tumore al polmone. «È aumentata, negli ultimi anni, la sopravvivenza nei tumori al polmone grazie ai nuovi farmaci basati sul target molecolare della neoplasia – ha spiegato Alessandro Morabito, direttore della Oncologia clinica sperimentale toracico polmonare del Pascale di Napoli – con una tipizzazione citogenetica preventiva alle cure che al Pascale di Napoli viene eseguita nell’ambito di un progetto finanziato dalla Regione a latere dell’esame istologico (la Medicina di precisione è inserita nella rete oncologica campana) è possibile individuare il miglior profilo di cura che esiste oggi, con anticorpi monoclonali, immunoterapia ovvero chemio e radio che restano in seconda battuta comunque nell’armamentario delle cure».
Antonio Delvino, direttore generale uscente dell’Oncologico di Bari ha puntato il dito sulle difficoltà logistiche e sullo svantaggio di alcune famiglie che per motivi economici e culturali non riescono a farsi curare adeguatamente e sulle diverse possibilità di accesso alle cure tra aree urbanizzate e periferiche. «Ciò da un lato alimenta la migrazione extra regione e dall’altro fa peggiori i dati di sopravvivenza e letalità. I numeri parlano chiaro: la mobilità sanitaria, nella stragrande maggioranza dei casi, come dimostrato nell’ultimo anno, deriva dalla scarsa conoscenza dell’offerta sanitaria della propria regione. Per questo è necessario potenziare la rete».
«Il ruolo degli Irccs è fondamentale – ha aggiunto il direttore scientifico del Pascale Gerardo Botti – in Lombardia ci sono 28 Trccs, in Campania 2, questo il gap da recuperare tra sanità campana e lombarda e mettere in rete più regioni può farci recuperare terreno. Il Covid ha fatto bene dal punto di vista gestionale. Noi rappresentiamo un paradosso: abbiamo assistito a una generale riduzione del 30% degli interventi chirurgici su scala regionale tra primo semestre 2019 e 2020 ma registriamo un aumento del 25% delle prestazioni chirurgiche e robotiche qui al Pascale. Anche sul fronte della ricerca le pubblicazioni a Impact Factor sono cresciute passando da 1.670 lavori nel 2019 a 2.350 nel 2020 e il numero di pubblicazioni con fattore di impatto superiore a 10 è passato dai 12 del 2019 ai 27 del 2020. La nostra ricettività è però diversa e ricoverare pazienti in 48-72 ore qui è più difficile rispetto al nord».
«La rete oncologica interregionale – ha poi aggiunto Alessandro Sgambato direttore scientifico del Crob di Rionero in Vulture – è un passo in avanti per l’innovazione e la crescita clinica e della ricerca di tutto il sud Italia in quanto abbiamo problematiche sanitarie e assistenziali comuni. Al Sud la sopravvivenza a 5 anni di un tumore è inferiore di circa il 5-10 per cento e la migrazione sanitaria è ancora un nodo da affrontare e risolvere. Nel 2019, ultimo anno pre pandemia, ha pesato per 38 milioni euro sul bilancio sanitario della Basilicata. Ma tutte le tre regioni della Rete durante l’emergenza pandemica hanno continuato a lavorare bene nell’ultimo anno».
Qualità ed eccellenza si sposano con l’innovazione e il valore degli Irccs è quello di perseguire standard di qualità, revisione e controllo continuo, svolto anche da altri organismi europei. Potenziare la rete del follow-up, ripensare l’assistenza e coinvolgere a pieno titolo il territorio in un disegno organico dell’offerta sanitaria le strade da percorrere. Centrato sulle esigenze del paziente e sulle carenze ma anche opportunità delle reti oncologiche l’intervento di Valeria Fava Coordinatrice area oncologica di Cittadinanzattiva. In collegamento anche Caterina Bosio EngageMinds psicologa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha acceso i fari sull’importanza dell’ingaggio delle risorse profonde psicologiche del paziente nella lotta contro la malattia. «I nostri numeri – ha detto Ernesto Esposito, napoletano, direttore generale Direttore dell’assessorato alla sanità della Regione Basilicata – non ci consentono di assolvere a tutte le necessità di cura e ricerca. La rete interregionale è un aiuto per frenare la mobilità passiva. Stiamo lavorando per attivare una facoltà di Medicina e chirurgia che ha un ruolo di ricerca importantissimo, insieme agli Irccs indispensabile per drenare risorse umane ed economiche dando piena agilità alla formazione e alla ricerca».
Dalla Finanziaria del 2020 sono stati stanziati 2 milioni dati alle regioni per incrementare l’innovazione ma in Conferenza stato regioni è passato solo un ordine del giorno una mozione con l’impegno di poter accedere a questi fondi in questo anno. «Sul fronte delle innovazioni e delle terapie innovative in oncologia – ha concluso Maria Rosaria Romano dirigente Assistenza ospedaliera della Regione Campania – ci stiamo muovendo molto con appositi decreti che hanno dato precisi atti di indirizzo alla Rete oncologica regionale che è in fase di completamento. Con il Decreto 110 abbiamo compiuto un passo avanti per la genetica. Su questo fronte ci siamo spesi come poche altre regioni».
«E’ il fumo di sigarette il responsabile dell’85-90 per cento dei tumori al polmone – ha poi aggiunto Angelo Paradiso direttore scientifico dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II, Irccs di Bari – negli ultimi anni anche nell’ambito dell’offerta di rete interregionale attrattiva per la popolazione di confine abbiamo ampliato la nostra offerta, i nostri day hospital, i livelli di qualità organizzativa andando incontro alle esigenze dei pazienti offrendo il massimo dell’innovazione garantendo una risposta tempestiva alle circuiste di cure dopo la diagnosi. Oggi i pazienti possono tranquillamente fare capo ai servizi territoriali della Puglia e iniziamo a intercettare con i centri di Ii livello una quota consistente della migrazione sanitaria. Per i pazienti che hanno necessità di approfondimento diagnostico abbiamo oggi tante possibilità con la tipizzazione citogenetica e l’uso di nuovi farmaci a target biologico e immunologico e abbiamo altri farmaci in fase di sviluppo e di sperimentazione clinica che vengono adeguatamente testati. Fondamentali i test genetici che ci consentono di partire nelle cure avendo davanti una vera e propria carta d’identità del tumore al momento della diagnosi».
Domenico Galetta dell’oncologico di Bari ha infine parlato di innovatività delle cure, della necessità di un approccio multidisciplinare a garanzia della migliore offerta di cura per il paziente oncologico e del valore aggiunto rappresentato dalla rete oncologica tra Puglia Campania e Basilicata.
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