Un corso per formare professionisti della sanità capaci di far eccellere un’azienda sanitaria attraverso il lean management “affrontando la produzione in salute in termini di efficienza”. È l’obiettivo del 1° Corso di Alta Formazione in Lean Six-Sigma in Sanità patrocinato dalla FNO TSRM e PSTRP e diretto da Roberto Virgili, Tommasangelo Petitti e Nicola Bergamo. Il […]
Un corso per formare professionisti della sanità capaci di far eccellere un’azienda sanitaria attraverso il lean management “affrontando la produzione in salute in termini di efficienza”. È l’obiettivo del 1° Corso di Alta Formazione in Lean Six-Sigma in Sanità patrocinato dalla FNO TSRM e PSTRP e diretto da Roberto Virgili, Tommasangelo Petitti e Nicola Bergamo. Il concetto nasce in ambito industriale ma può avere importanti applicazioni anche nell’healthcare. In questo breve testo, redatto da Roberto Virgili, Coordinatore Tecnico – Anatomia Patologica – Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, un excursus storico sul lean e delle sue potenzialità. Il corso comincerà sabato 29 maggio.
LEGGI LA BROCHURE DEL CORSO IN LEAN MANAGEMENT
LEAN MANAGEMENT & HEALTHCARE
di Roberto Virgili
«Parlare di “lean management” in Sanità in epoca pandemica potrebbe sembrare ai più un mero esercizio filosofico da circolo culturale utile per distrarre l’attenzione sul problema attuale.
In realtà, come spero risulti evidente alla fine di questo mio contributo, avere a disposizione uno strumento gestionale/organizzativo come la metodologia “Lean” aiuterebbe anche a spiegare alcune delle tante situazioni di impreparazione a questa emergenza i cui effetti abbiamo tutti ben noti. Nel “lean management” e quindi nella metodologia “lean” o “pensiero snello” si riconoscono alla base profonde radici culturali che affondano nella cultura giapponese che è molto osservante delle regole ed attenta alla qualità.
Nasce infatti in un ambito industriale, come è noto, e precisamente in Toyota, il primo approccio strutturato lean che poi prenderà il nome che oggi conosciamo di “lean thinking”. Il suo artefice, Tahiichi Ohno, nel 1951 fu il primo a proporre un approccio organizzativo e produttivo dei processi in modo snello (lean process) che di lì a poco avrebbe portato alla produzione cosiddetta just in time, ovvero produrre quello che il cliente vuole, nel momento preciso in cui lo vuole e nella quantità e qualità richiesta.
Il segreto di tale successo fu aver ribaltato il concetto di produzione di massa, nel quale le risorse umane impiegate avevano uno scarso impatto sulla stessa, in una produzione snella, in cui invece il personale diventa artefice, creatore, sviluppatore del prodotto, con una forte assunzione di responsabilità nel processo produttivo. L’integrazione tra sistema e risorse umane, diffusa a tutti i livelli aziendali, acquista pertanto fondamentale importanza.
Parallelamente a quanto su descritto, negli anni ’50 l’ingegnere W.E. Deming formulò quello che è ancora definito il ciclo della qualità con il suo ben noto PDCA (plan, do, check, act) e nel 1986 M. Harry, uno statistico di Motorola, sviluppa un approccio metodologico, poi ripreso anche da J. Welch CEO di General Electric, denominato “Six-Sigma” che a sua volta utilizzando il ciclo DMAIC (define, measure, analyze, improve, control) per primo analizza con una formula statistica ed una scala di misurazione la variabilità e la difettosità dei processi.
Nel 2002 M.L. George coniuga i due approcci metodologici, lean production e six sigma, in un metodo armonico ed organico che attualmente va sotto il nome di Lean-Six Sigma.
Dopo questo excursus verrebbe da chiedersi come possa integrarsi una simile metodologia, fortemente industriale, in un ambito sanitario e quale giovamento possa esso trarre da una applicazione di tale metodo.
Non potendo essere troppo prolisso, ma nemmeno poco esaustivo dell’argomento, per cui rimando alle citazioni bibliografiche tutti gli approfondimenti, vale la pena allora ricordare i principali concetti che sottendono alle metodologie su descritte ovvero:
Alcuni di questi concetti vengono ripresi in questo documento risalente ormai a diversi anni fa:
“Affrontare la “produzione di salute” in termini di efficienza, individuando e riducendo gli sprechi con tecniche sperimentate dall’industria manifatturiera: questo l’obbiettivo prioritario del “Lean Thinking”, grazie al quale anche le realtà ospedaliere possono puntare a un’organizzazione che sia in grado di ottimizzare le risorse, combattendo la perdita di tempo e denaro”
(Dossier: Lotta agli Sprechi – Management della Sanità – Dicembre 2008).
La “lean” infatti distingue le attività in:
Individuare correttamente queste tipologie di attività che svolgiamo nella esecuzione delle prestazioni diagnostico-terapeutiche porta, non solo ad un risparmio economico, ma anche ad una migliore performance sanitaria.
Per attività a valore aggiunto per il paziente si intendono tutte quelle indagini, cure, interventi diretti sul paziente che migliorano la diagnosi ed il decorso della sua malattia sia esso in ambito ospedaliero che extraospedaliero.
Per attività a valore aggiunto per il business si intendono invece tutte quelle non svolte direttamente sul paziente ma necessarie per lo svolgimento della prestazione, anche in termini di sicurezza (ad es.: approvvigionamenti, risk management, manutenzioni, ecc.), ovvero quelle non svolte per curare la persona ma indispensabili perché essa possa essere curata.
Quali sono allora in Sanità le attività non a valore aggiunto e che assorbono notevoli risorse e che la “lean” classifica come sprechi da eliminare?
Esse sono state ben definite e le possiamo riassumere in 7 sprechi + 1 e sono:
a cui si aggiunge un altro spreco, non meno importante ovvero:
Minimizzare e possibilmente eliminare la variabilità dei processi
È in questa fase che la “lean production” incontra la metodologia “six sigma” che si propone di agire sulla variabilità dei processi minimizzandone o eliminandone gli errori. In poche parole è un sistema che misura un processo in termini di difetti riscontrati. Il suo nome deriva da “sigma”, che è un simbolo dell’alfabeto greco utilizzato nel mondo della statistica per indicare la misura della varianza di un processo cioè l’oscillazione di un parametro rispetto alla media (la deviazione standard).
Six sigma significa che sono presenti 6 deviazioni standard in un processo. In ambiente manifatturiero è accettata una qualità “sei sigma” ovvero tassi di precisione del 99,99966% convertibili in non più di 3,4 difetti per milione di elementi prodotti. La US Airline Industry ritiene sostenibile una qualità in eccesso di 7 sigma per milione di voli.
Ma tale tasso di imprecisione è compatibile in Sanità?
In Healthcare il range varia tra 3 e 4 sigma convertibile in una variabile tra 66,8 e 308 difetti per milione, ovvero tra il 93,32 ed il 99,38%.
E’ chiaro che mentre in un processo industriale la difettosità si traduce magari in un prodotto commerciale difettoso per il cliente, in Sanità esso può rappresentare un errore più o meno grave con conseguenze lievi o importanti. E’ quindi fondamentale incidere sull’eliminazione dei difetti dei processi sanitari che vanno individuati e migliorati/rimossi.
Perseguire il miglioramento continuo
Mutuando sempre dalla filosofia giapponese, il miglioramento continuo si fonda su un concetto che la vita – lavorativa, sociale, familiare – dovrebbe essere basata su continui tentativi costanti di miglioramento. Nella lingua giapponese il “miglioramento continuo” viene denominato “kaizen” e nella attività lavorativa riguarda tutti, dai manager fino a scendere al gradino più basso della scala professionale. I miglioramenti apportati dal “kaizen” quindi non sono e non portano a cambiamenti radicali difficilmente recuperabili, ma a piccoli, costanti miglioramenti incrementali che fanno migliorare costantemente i processi ma che possono essere reversibili allorchè non diano gli effetti desiderati. Risulta chiaro che quindi il miglioramento si basa anche su un substrato di “qualità” raggiunta che può e deve essere migliorata ma che non può essere sottesa.
Per tornare ai processi sanitari essi, se modificati con le metodologie lean-six sigma, possono e devono essere costantemente monitorati e migliorati con l’apporto di tutto il team coinvolto nel processo diagnostico-assistenziale. Non si fa miglioramento senza il coinvolgimento di tutti e senza il contributo di ogni attore coinvolto a partire dal management.
Trasponendo questi concetti al mondo sanitario è evidente come l’assistenza ai pazienti e l’operato dei professionisti della salute non può prescindere da aspetti di qualità, miglioramento continuo dei processi, attenzione ai risultati conseguiti con una razionalizzazione delle risorse, con un obiettivo ben chiaro: il benessere del paziente che, come avviene nella produzione “lean” deve essere quello che tira tutto il processo a monte.
Un’ ultima riflessione vorrei farla sulla gestione del cambiamento, sia esso generato dal miglioramento dei processi, sia dalla introduzione delle tecnologie sanitarie, sempre più evolute e digitali e che a volte sono vere e proprie “disruptive innovation” ovvero innovazioni che alterano significativamente il modo in cui operano i professionisti (aziende, settori, ecc) e che necessitano di attente valutazioni.
La gestione del cambiamento “change management” è un processo a cui prestare molta attenzione perché esso non vada incontro a rifiuto o dia risultati minori all’atteso fino al fallimento. Ognuno di noi può portare esempi di più o meno rivoluzionari cambiamenti che alla fine hanno fallito il loro intento per averne sottovalutato i risultati sul processo. Questo in Sanità può voler dire incidere sulla salute dei pazienti, sullo spreco delle risorse, sugli aspetti motivazionali dei professionisti della salute.
Concludendo questo nostro “navigare” nelle acque della metodologia “lean six-sigma”, non possiamo non evidenziare come essa riunisca in sé tutti gli aspetti organizzativi, di risk management, di gestione delle risorse e di raggiungimento degli obiettivi in un unico armonico percorso che porta la struttura o il reparto sanitario che la applichi ad un processo virtuoso in cui le persone lavorano meglio e più motivate ed in cui, come si suole dire da tempo, al centro di esso sia il paziente ma anche tutto ciò che intorno ad esso ruota. Ne sono di esempio anche in Italia i numerosi centri che hanno applicato questa metodologia (dalle sale operatorie ai laboratori, ecc) e che vedono sempre più professionisti avvicinarsi ed approfondire questa cultura.
È infatti questo un cambiamento di paradigma culturale che ha bisogno di “change agent” cioè di persone formate a gestire questa metodologia e renderla applicabile al sistema sanitario nella sua complessità
È di fondamentale importanza quindi una adeguata formazione come nel 1° Corso di Alta formazione in Lean Six-Sigma in Sanità, patrocinato dalla FNO TSRM PSTRP e da altre società scientifiche, che vedrà l’avvio nel prossimo maggio e fornirà ai professionisti sanitari gli strumenti per comprendere ed applicare questa importante metodologia».